Akio Nishizawa
Giappone, 2007
1956, Kiba (periferia di Tokyo). Una classe di studenti delle elementari, dopo l’arrivo di una nuova insegnante di musica e di un’alunna trasferitasi da Kobe, decide di partecipare alla competizione annuale di cori scolastici.
Tra la nuova allieva, Shizu, e il brillante Akira, capoclasse e bravo studente, si instaura presto un tenero sentimento di affetto. A causa di una ragazzata compiuta proprio da Akira e dal suo gruppo di amici, però, la classe viene esclusa dalla gara di canto, creando una frattura nel rapporto fra i due.
Un inizio leggero e positivo apre a un seguito in cui il dramma si fa spazio ed entra nella vita dei giovani protagonisti, che comprendono il vero valore della vita e l’importanza di prendersi le proprie responsabilità.
Il Giappone del dopoguerra era una nazione prostrata e dal futuro incerto, in cui la necessità di ammodernarsi si faceva pressante; la voglia di ricominciare parte dai giapponesi stessi, incarnazione dello spirito del ganbaru, parola traducibile come “mettercela tutta, impegnarsi al massimo”. Accanto al desiderio di rinnovamento c’è anche la voglia di recuperare le tradizioni, di ritornare alle radici per non snaturare la propria cultura e lenire le ferite inferte dalla sconfitta all’orgoglio nazionale.
Cantare in un coro assume per i ragazzini una valenza particolarmente significativa, legata all’imparare a lavorare insieme e a collaborare con i propri pari, imparando il valore fondamentale della collettività.
In questo contesto si inseriscono le canzoni intonate dai cori di bambini, che non sono semplici melodie, bensì veri e propri inni al Giappone del passato, quello che i giovani nati durante la guerra non conoscono, un luogo idealizzato in cui l’uomo vive in armonia con la natura e i mutamenti stagionali provocano un dolce struggimento a chi, lontano dalla terra natia (furusato, appunto), sogna di potervi tornare presto.
Nonostante le tematiche interessanti, il film ha due grossi difetti che lo rendono a tratti stucchevole: la spiccata tendenza di Nishizawa ad aggiungere dramma su dramma – che raggiungerà l’apice con Symphony in August (2009), in cui si calca talmente tanto la mano sulle sfortune della protagonista da raggiungere livelli quasi esilaranti – e la retorica forzata che permea l’intera pellicola.
Furusato Japan rimane comunque un’opera in qualche modo formativa, che permette di cogliere i sentimenti chiave per la nascita di uno Stato moderno, guardando i mutamenti attraverso gli occhi ingenui dei bambini di allora, gli adulti del Nuovo Giappone.
Voto: 6+
Una versione più approfondita di questo articolo apparirà su Japanimando di ottobre: non perdetevelo!