Hanno un'ultima missione da compiere contro un manipolo di poche centinaia di soldati tedeschi in ritirata. Ma le cose non sono facili come sembrano, anzi man mano la missione diventa più difficile se non impossibile.
Arriva finalmente da noi, forte di un notevole battage pubblicitario e di frasi ad effetto sulla locandina veramente impegnative ( "il miglior film di guerra degli ultimi 30 anni"), il nuovo film di David Ayer, una carriera registica sulle montagne russe, sforzo produttivo da circa 70 m
Ecco, la frase di lancio nel manifesto pubblicitario la lasciamo perdere , ma occorre ammettere che Fury è un film che il suo sporco lavoro lo completa.
Spoglio di tutta la retorica filoamericana che ammanta tanti altri film del genere Ayer cerca di narrare due storie in una : la vita ( e la morte ) in un carro armato strumento di distruzione che può arrivare a essere trappola mortale e tutto quello che succede fuori di esso.
Più che alle battaglie , ripulite di tutti i particolati coreografici che fanno spettacolo, intrise di realismo che arriva a essere anche molto fastidioso per come ti si appiccica addosso , che non occupano un minutaggio eccessivo in un film che arriva quasi alle soglie dei 135 minuti, ad Ayer sembra interessare il dietro le quinte, sembra attratto dai momenti di stanca, di sosta tra un trasferimento all'altro, tra un'azione e l'altra, momenti in cui vengono fuori gli uomini e non le impassibili macchine di morte votate all'estremo sacrificio che sono protagoniste dei rastrellamenti e delle scaramucce con le ultime resistenze tedesche, oramai cani sciolti allo sbando e proprio per questo assai più pericolosi per la loro imprevedibilità.
Potrebbero essere padre e figlio ma sono troppo diversi, Don Collier è un uomo rotto a tutte le esperienze che ha perso la pietà umana da qualche parte nelle campagne di guerra precedenti, cosa che sta cercando di far perdere anche al giovane Norman, idealista ma di quell'idealismo che rischia ogni minuto di lasciarti lì sul campo di battaglia, ucciso da un nemico che non ha avuto i suoi stessi scrupoli.
Se scenograficamente Ayer cita da vicino il realismo conclamato di Salvate il soldato Ryan, il suo sguardo cinematograficamente parlando si situa ancora più indietro, a Fuller, uno dei grandi registi americani del genere, ma anche a Aldrich ( i personaggi che popolano Fury potrebbero benissimo appartenere a Quella sporca dozzina ma anche al bellissimo e misconosciuto Non è tempo di eroi) e al Peckinpah feroce e sardonico de La croce di ferro.
E quel cannone con scritto Fury è un perfetto contrappunto all'elmetto con la dicitura Born to Kill nel Vietnam fortemente stilizzato di Kubrick nel suo Full Metal Jacket.
Eccellente il lavoro sugli e degli attori con un Pitt acconciato da bastardo inglorioso che convince in un personaggio eccessivo eppure sempre controllato.
Buon prodotto di genere , Fury è ben lontano dall'essere quel capolavoro tanto strombazzato da critici entusiasti stavolta a sproposito.
Tecnicamente impressionante gli manca però quel briciolo di personalità che lo farebbe arrivare al rango di piccolo cult di genere.
PERCHE' SI : tecnicamente impressionante, Brad Pitt e il resto del cast, realistico e spoglio di retorica.
PERCHE' NO : ipercitazionista gli manca quel briciolo di personalità in più per emergere , forse andava asciugato qua e là.
LA SEQUENZA : la prima lezione di guerra di Wardaddy a Norman con il soldato tedesco appena preso prigioniero.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
Ad Ayer manca sempre quel bruscolino per far quadrare il cerchio.
I film di guerra non sono la mia cup of tea nonostante mio padre mi sottopose a una cura energica di war movies e di western quando ero adolescente.
Brad Pitt 51 anni abbondanti e non sentirli.
Shia LaBeouf pur armato di baffoni che cercano di invecchiarlo, ha sempre la stessa faccia da pirla.
( VOTO : 7 / 10 )