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Future Film Festival: Tecnologia ed Animazione a Bologna

Creato il 08 aprile 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Chiara Segreto 

Si è concluso domenica scorsa il Future Film Festival, arrivato alla sua sedicesima edizione. Una settimana ricca di eventi ed appuntamenti dislocati in tutta Bologna. Feste a tema e cene filmiche dedicate ai più piccoli. Ad impreziosire il tutto l’anteprima dell’ultimo film di Hayao Miyazaki, Si alza il vento (Kaze Tachinu), che ha visto una vera calca ai botteghini, con le prevendite interrotte due giorni prima della proiezione per esaurimento posti. Ed ancora lezioni di cinema d’animazione, testimonianze dei registi e ricche colazioni a base di cortometraggi d’autore, dove, sebbene le storie in generale non colpiscano per la loro originalità, ciò che ci viene mostrato è nella maggior parte dei casi spettacolare e coinvolgente. Tra quelli visionati ci ha colpito Mr Hublot (Lussemburgo, 2013) di Laurent Witz, deliziosa storia d’amore tra un ossessivo compulsivo ed un robot cane randagio che, in tutti i sensi, gli sconvolgerà la vita e le viti. Una menzione, poi, alle delicatissime atmosfere del francese Premier Automne di Carlos De Carvalho e Aude Danset, il cui design ricorda le docili inquietudini di Mark Ryden, e a Nuisible di Tom Haugomat e Bruno Mangyoku, altra produzione transalpina dai toni inquietanti, in cui l’arrivo di un fratellino viene visto dal protagonista come l’assalto di un crudele mostro che pian piano divora tutti i suoi amati insetti, unici compagni di gioco.

Future Film Festival: Tecnologia ed Animazione a Bologna

Tuttavia, rispetto agli anni passati, l’edizione di quest’anno ci è sembrata un po’ meno seguita dal pubblico, complici forse gli orari diurni infrasettimanali di gran parte delle proiezioni. Ha vinto la kermesse l’americano Cheatin’ (2013) di Bill Plympton, elegante animazione che vede per protagonista una travagliata storia d’amore, in cui, essendo priva di dialoghi, l’atmosfera è lasciata interamente alla narrazione visiva. Parliamo invece in maniera più approfondita di un’opera particolare, un fuori concorso, It’s Such a Beautiful Day di Don Hertzfeldt, pellicola statunitense realizzata nel 2012. Don Hertzfeldt è un animatore indipendente già noto per gli irriverenti cortometraggi: qui ha deciso di unire in un’unica linea narrativa la storia di Bill mettendo insieme tre suoi precedenti corti dedicati al personaggio. Bill è una creatura complessa a discapito del tratto con cui è rappresentato, le quattro linee classiche del gioco dell’impiccato. Ha una ex fidanzata con cui ragiona di morte e sepolture sdraiato su un prato, ha una madre dalla storia clinica ambigua, non ha un padre e non sembra avere amici, se non i vicini che talvolta per cortese empatia gli lasciano qualche busta della spesa.

Future Film Festival: Tecnologia ed Animazione a Bologna

Bill porta un cappello, lavora in un ufficio, torna a casa, guarda la TV, va a letto, ed il mattino dopo tutto ricomincia nel medesimo modo. Un giorno si rende conto che la sua vita non è composta dalle azioni sporadiche che esulano da quel circolo, ma che la sua vita è quelle reiterate azioni quotidiane. Ed ecco il tilt. Improvvisamente dai sogni di Bill iniziano ad emergere creature improbabili, ed al suo risveglio Bill è un moribondo. Vaga per ospedali, prescrizioni mediche, quasi muore per questa malattia a noi incomprensibile. Realtà e psicosi diventano un unico agglomerato indistinto. Flashback di un passato forse immaginario, che crudelmente traccia una linea di destino familiare assolutamente tragica. La narrazione degli eventi è affidata ad una voce maschile, che per tutto il film accompagna la caduta nell’agonia della follia del nostro Bill. «Bill fa questo, Bill pensa questo, Bill ha paura. Bill… Bill… Bill». Brevi frasi che restano fedeli alla semplicità del tratto grafico, sentenze, che per la loro scarna consistenza, prendono il peso dell’ineluttabilità.

Future Film Festival: Tecnologia ed Animazione a Bologna

Soffriamo con Bill, ed il suo nome ci martella il cervello per sessantacinque minuti, come un campanello, come un conto da pagare, come la goccia del lavandino che perde, e scava, scava, scava nella nostra pazienza. Al variare della percezione di Bill del mondo intorno, varia anche l’aspetto grafico, fino alla momentanea comparsa di un mondo reale, fotografato, filmato, su cui i disegni si intrecciano, da cui prendono colore, poi un’auto che sfreccia, e si torna al caro e bidimensionale Bill. Caro, perché di sicuro ci si affeziona a Bill, ci fa sorridere l’assurdo che permea l’intera storia, lasciandoci tuttavia un senso di disagio per la sua tragica avventura Kafkiana. E quando le luci si sono riaccese non pochi hanno trattenuto qualche singhiozzo compartecipato. Difficile scriverne ancora senza il rischio di rovinare una visione così particolare, consigliata davvero a tutti.

 

In copertina: Immagine tratta da It’s Such a Beautiful Day (2012) di Don Hertzfeldt

 

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