I bandi nazionali Futuro in Ricerca sono stati dal 2008 al 2013 un’importante fonte di finanziamento a progetti di ricerca d’eccellenza riservati ai giovani, divisi a seconda delle edizioni in varie categorie (postdoc junior e senior, ricercatori). La selezione di questi progetti si è svolta sempre in più step (referaggi a cura dell’ente ospitante, referaggi esterni, commissioni ad hoc, sino al colloquio finale del coordinatore del progetto) coinvolgendo una gran quantità di esperti in modo tale che alla fine venissero premiati esclusivamente i progetti più promettenti. Considerando che in media ogni anno, su tutte le discipline, venivano finanziati circa 80 progetti, capirete che in effetti è molto improbabile che fra i coordinatori ci fossero persone di basso profilo. Dunque, come recita il titolo, il piano ministeriale ambiva a finanziare giovani che potevano essere capaci di gestire da sè risorse per far nascere nuovi filoni di ricerca e nuovi gruppi. In questo piano entrava però in gioco lateralmente la riforma Gelmini dell’Università, per cui scompariva la figura del ricercatore a tempo indeterminato (la figura accademica a cui ambivano i coordinatori di progetti) e dunque i coordinatori di progetto, inquadrati come ricercatori a tempo determinato di tipo A (RTDA) (non tenure track, per intenderci), alla conclusione del proprio lavoro si trovavano senza possibilità di vedersi prolungato il contratto. Il problema non è meramente economico, quanto di punti organico “fantasma” associati ai vincitori di progetti esterni. Questa problematica è stata molto recentemente affrontata da Repubblica e da ROARS, ci sono state interrogazioni al Senato e alla Camera, ma ad oggi la lettera che abbiamo inviato alla Ministra Giannini e pubblicato sui media è rimasta senza alcun cenno di risposta.
Senza invocare stabilizzazioni di massa, chiediamo semplicemente di prestare attenzione a ricercatori che sono stati valutati e finanziati con una spesa cospicua, ed ora lasciati andare, presumibilmente all’estero, a portare i frutti del proprio impegno. Rimango piuttosto perplessa dalla mancanza di attenzione sia del Ministro che dei Sottosegretari, tutti interpellati ad interessarsi della questione, e mi viene in mente che forse ci siamo abituati alla coniugazione del tempo futuro, senza ricordarci che esiste anche un futuro anteriore, che significa poter codificare un evento successivo al momento dell’enunciazione, ma precedente rispetto ad un altro momento di riferimento localizzato nel futuro. Si parla e si scrive sempre di più in futuro semplice (di doman non c’è certezza), mentre impegnarsi in un futuro anteriore risulta forse desueto, o più semplicemente scomodo.
Abbiamo coniugato la ricerca al futuro, ma non ci sarà alcun progresso se a questo futuro non verrà data qualche indicazione più precisa per avvenire davvero.
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