FUTURO ANTICO: le ristampe del self titled e di Dai Primitivi All’Elettronica

Creato il 07 aprile 2014 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Dietro quest’interessante intestazione si celavano Walter Maioli (Aktuala), Riccardo Sinigaglia (The Doubling Riders) e il musicista africano Gabin Dabiré. Stiamo parlando di una ristampa, dunque (ora in vinile, in origine erano due tape in mano a pochi appassionati), visto che il gruppo esercitò brevemente (entrambe le registrazioni uscirono nel 1980), perché proveniva dalle sperimentazioni degli Aktuala, ma non dimentichiamo anche un’anima a esso affine come quella del compianto Claudio Rocchi. Qualche anno fa si occupò di queste composizioni pure il blog-cornucopia Mutant Sounds, dunque potete già immaginare di che musica stiamo parlando: nel primo lavoro (che è farina del sacco dei soli Maioli e Sinigaglia) organi e strumenti a fiato danno forma a raga dai toni oscuri (l’incipit di “Ao Ao”) e ad esperimenti in odore di “musica concreta”, mescolata a un’uggia quasi industrial (“Futuro Antico”). In “Shirak” si viaggia invece verso un mondo perduto, dove l’organo elettrico si arena davanti a spiagge sconosciute (pezzo davvero “alieno” questo), mentre “Uata Aka” ha quel piano fender, suonato sempre da Sinigaglia, che s’intreccia sensuale ed insistente con il flauto impazzito del suo sodale.

In Dai Primitivi All’Elettronica la proposta si diversifica, fanno capolino sintetizzatori e un pianismo candido dall’impostazione free (la lunga “Piano Synt”), e si passa anche per una rivisitazione in chiave exotica (“Sinokorò Kumà”), febbrile e scevra da perniciose imitazioni (decisivo l’apporto di Dabiré). In un’ottica di rivalutazione di certi suoni che sembravano persi nel tempo, fa piacere constatare invece quale tipo di eredità essi abbiano lasciato ai posteri, vedi per esempio l’uso massiccio ed originale di particolari strumentazioni a percussione senza sembrare “etnici” tout court (tra l’altro tutte segnalate sul disco). D’altronde, se avrete il coraggio di imbarcarvi nel lungo quarto d’ora di “Concrete Music – Oa Oa”, che incorpora segnali morse, complessi fraseggi di organo e puntinismi colorati/strumenti percussivi, potrete sostenere di aver superato l’esame, non senza aver prima ascoltato con gioia i concitati cori del finale tribalista di “Suoni Naturali – Ladak – Tagu Tamu”.

Gran ristampa questa della milanese Black Sweat Records (gestita da un membro degli Al Doum & The Faryds, che ospita nel suo catalogo gente come Eternal Zio, Piotr Kurek, Embryo), tra l’altro basata sui nastri e sugli artwork originali. Quindi si tratta di un’operazione filologica con un senso ben preciso (e che sottolinea il valore “storico” del gruppo) e di un doveroso excursus in un tempo ormai lontano e “magico”, nel quale i musicisti amavano viaggiare per davvero.

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