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Gaetano De Rosa: volevo finire la carriera a Bari, un dramma andar via

Creato il 19 ottobre 2011 da Lunastorta79 @marcobeltrami79
Gaetano De Rosa: volevo finire la carriera a Bari, un dramma andar via Fonte: Go-Bari.it Testa alta, sembianze di un attore hollywoodiano, e sicurezza da vendere: sembra ancora di vederlo uscire dall'area di rigore biancorossa palla al piede, Gaetano De Rosa da Dusseldorf, indimenticato leader della difesa del Bari dal 1997 al 2004. Libero vecchio stampo, il giocatore di origine napoletana per sette lunghissime e intensissime stagioni è stato il perno del reparto arretrato dei Galletti, distinguendosi per correttezza, carisma e anche per il vizietto del gol (12 in 212 presenze in biancorosso). Agli ordini di Fascetti, Sciannimanico, Perotti, Tardelli e Pillon, De Rosa è stato parte integrante di un Bari che ha navigato in quegli anni tra gioie e dolori: dalle stagioni in Serie A (1997/2000) a quelle in Serie B, fino all'annata della retrocessione (mai avvenuta per il ripescaggio in B a spese del Napoli) del 2003/2004. In una lunga intervista esclusiva concessa a Go-Bari.it l'ex difensore è tornato a parlare della sua esperienza barese, iniziando proprio dai ricordi relativi agli anni baresi:" "Ricordo tantissime cose, non era solo una scelta professionale, ma una scelta di vita: la meta e l'equilibrio, il compromesso tra lavoro, propria vita e senso civico: era un vestito fatto su misura, perchè era una città ancora in grande sviluppo e io mi sentivo a casa. Sono stato accolto molto bene. Ho vissuto 7 anni a Bari nonostante tante proposte allettanti, perché in quegli anni poi ho sempre avuto allenatori che hanno apprezzato il mio lavoro e nonostante tutto, Bari è stato il mio unico pensiero. Ecco perchè poi è stato un dramma dover sopportare la dura realtà di dover abbassare il capo e andar via, non da perdente perchè almeno personalmente, misuro gli obiettivi e il successo in un modo diverso, non in base al raggiungimento degli stessi. Ma sono andato via dopo 7 anni a malincuore perchè il mio sogno era di concludere la carriera a Bari". Proprio a proposito del suo addio De Rosa ha voluto spiegare i vari motivi che contribuirono alla dolorosa separazione dalle sponde biancorosse. Un'esperienza che avrebbe voluto proseguire nonostante anche episodi tutt'altro che positivi. "Ci sono varie motivazioni sulla mia cessione. Sicuramente c'erano anche dei motivi legati al fare cassa, ma nonostante non ci fossero più le premesse affinchè a Bari potessi lavorare con serenità volevo rimanere: Bari ha un grande cuore, ma tutti si ricordano gli episodi di quella stagione, che non hanno niente a che fare con il vero volto di Bari, ovvero l'agguato a Sibari durante il rientro da una trasferta a Messina (nel 2003 i giocatori del Bari furono vittima di un'aggressione a bordo del pullman che li riportava in Puglia, ndr) che mi ha ferito come uomo prima che giocatore. Perché quell'anno è stato a dir poco difficilissimo. L'ambiente era diventato ostile tra problemi societari, un'aria di disfatttismo, lo stadio veniva disertato, e c'erano intimidazioni da parte di qualche teppista (che ci sono in tutte le città). Una serie di situazioni che ci hanno impedito di lavorare serenamente e di trarre le conclusioni alla fine. Ma nonostante queste difficoltà, andarmene era l'ultima cosa al mondo che avrei voluto fare: la mia volontà era quella di rimanere a Bari anche facendo rinunce da qualsiasi punto di vista, perchè nonostante tutto, masochisticamente volevo restare. Ma per fare le cose poi, ci vuole la volontà di entrambe le parti, e la società ha anche altre situazioni che prescindono da me e abbiamo optato per un addio che è stato una violenza e una situazione forzata e non voluta". Impossibile in questi giorni frenetici per le tante notizie e indiscrezioni relative alla cessione della società biancorossa, non parlare del rapporto tra De Rosa e la dirigenza Matarrese. Il difensore ha voluto sottolineare quella che poi si è confermata come una perdita pesantissima per il Bari, ovvero quella del Direttore Sportivo Regalia. "C'era un normale rapporto di lavoro, tra Presidente e dipendente. Un rapporto comunque molto positivo umano, pulito. Anche se era chiaro che la Famiglia Matarrese avesse ampi contrasti sul proprio territorio che si ripercuotevano poi anche sulla squadra. Non c'è mai stato questo grande amore tra i Matarrese e la città. Ma non sempre spendere significa ottenere i risultati. La grande perdita di quegli anni fu quella relativa al Signor Regalia, che era una mosca bianca nel mondo del calcio: era lui la vera anima, era lui il pilastro che insieme a Vincenzo Matarrese portava avanti la situazione. Dopo il suo addio tutto è diventato più difficile". Tanti ricordi belli nel capoluogo pugliese per l'ex Capitano, in particolare un match tra Bari e Fiorentina nel quale si trovò al cospetto di Edmundo e Batistuta "Mi ricordo di un Bari-Fiorentina, quando ben figurai davanti ad Edmundo e Batistuta: non mi aspettavo di partire titolare, il Mister me lo disse alle due. E'stato un match importantissimo per me, nel quale ho dato il mio primo grande contributo, una consacrazione. Merito a mister Fascetti che aveva capito bene l'ambiente di Bari e anche quella fu una perdita notevole. In 7 anni a Bari non cancello nulla, nemmeno gli episodi negativi, perché anche in quelle occasioni ho avuto grande solidarietà dalla città che mi ha fatto sentire un grande calore e non posso permettere che una realtà come Bari possa essere oscurata da gente del genere. Sono stati 7 anni che vorrei rivivere in pieno". In conclusione Gaetano De Rosa è tornato sui motivi del suo ritiro, sulle cause che a 35 anni l'hanno spinto ad appendere le scarpette al chiodo. "Si fa demagogia quando si parla di calcio o di calciatori: il calcio riflette il volto della nostra società. Quello che succede ovunque si ripropone anche allo stadio e nel mondo del calcio. Ormai in nome degli interessi e di altre cose si sono persi valori e principi, che ci distinguevano da altre culture realtà e situazioni. Anche la settimana scorsa c'è stata polemica sul discorso di Cassano e del suo probabile addio prematuro perchè stressato. La gente ha fatto molta demagogia,perché ha detto "come può un giocatore che guadagna tanto, permettersi di dire che è stressato". Bisogna smetterla di dire che chi guadagna del denaro non possa avere problemi o non possa essere un ragazzo con tutte le conseguenze e problematiche di chi è adolescente o giovane. Il fattore guadagno non esula dal non avere i probelmi di una persona normale. Ci sono problemi legati a tanti altri aspetti a prescindere da quanto guadagni. Non si può pensare che chi ha soldi non ha problemi. Indubbiamente la categoria dei calciatori resta di grande privilegio e questo è fuori discussione, rispetto a gente che convive con la miseria soprattutto in questo periodo di crisi economica, e per questa gente ci vuole grande rispetto. Ma l'etichetta per i calciatori non va bene, ci sono tanti lavori in cui si guadagna tantissimo, e il guadagno non può diventare un senso di colpa anche perchè è il mercato che stabilisce quanto un giocatore possa guadagnare. Chi fa il calciatore, lo avrebbe fatto anche guadagnando pochissimo, perchè quella è la sua vita e per lui è tutto è un sogno che si rincorre". Marco Beltrami

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