di Marco Castellani
Col lancio del satellite, è stata posta come una linea netta. Non posso fare a meno di lanciare uno sguardo indietro, e vedo come tutto il lavoro per GAIA si intreccia a tutto la fatica e la bellezza di crescere e proseguire nella vita, nelle collaborazioni, nelle amicizie. Da quella volta, ormai molti anni fa, quando Luigi mi chiese se avevo voglia di partecipare ad un nuovo progetto, una cosa abbastanza diversa da quelle che ci impegnavano di solito – così, anche per scrollarsi di dosso la polvere dell’abitudine.
Ed ero abituato a tutt’altro, ero abituato a progetti da svolgere in due o tre ricercatori al massimo.. Ero abituato ad un modo di lavorare che ormai pensavo non sarebbe cambiato. E invece doveva ancora iniziare una avventura tutta nuova, tutta diversa. Tutto stava per cambiare e io non ne avevo nessun indizio (perché tutto può cambiare, sempre). Dovevo andare a comprendere come si lavora su un grande progetto. Un progetto enorme, con un sistema di coordinazione elaboratissimo che riesce ad unire gli sforzi di ricercatori sparsi per tutta l’Europa.
Ed ero abituato a lavorare in Fortran. Il mio codice scientifico era scritto in un sano vecchio fortran 77. Funzionava, e funziona bene, anche ora. Ma doveva cambiare tutto, anche qui. In GAIA si lavora in Java. Si lavora con la programmazione ad oggetti. E allenare i miei non più giovanissimi neuroni a comprenderla… un’altra bella sfida.
E la sfida delle sfide, lavorare su uno dei task più insidiosi, più delicati, della parte scientifica. Il software che si occupa di separare i profili delle stelle parzialmente sovrapposte sul piano di vista. Vuol dire fare modelli, confrontarli con le osservazioni, elaborare procedure alternative. Soddisfare i constraints tecnici imposti dalla pipeline di riduzione dati. Ripartire, riprovare.
Poi gli incontri periodici nelle varie sedi europee, le coding weeks per il codice, le teleconferenze periodiche ove ogni unità di lavoro fa il punto sullo stato dell’arte, tante persone nuove da conoscere e con le quali interagire… tutta una cosa completamente nuova. Tutta un’opportunità per poter imparare, ancora.
Mi dico, ogni giorno è un’opportunità per imparare. Basta mettersi nell’atteggiamento giusto.
Ieri mattina in osservatorio mentre presentavo con Luigi la diretta, nella sala conferenze, al personale scientifico ed amministrativo, non potevo non nutrire qualche timore per le fasi del lancio. Vedere tutto il lavoro di anni, di tante persone, condensato in un punto critico: il momento del lancio. O va bene o si perde tutto.
E’ andata bene, grazie al cielo. E Gaia sta volando. Ora. Sta andando verso il punto L2, dove arriverà tra mesi. E’ buffo, in un certo senso. Di sonde nel cielo ve ne sono a bizzeffe, ci deve essere più traffico che sul Grande Raccordo Anulare in questi giorni prenatalizi (ed è tutto dire): questo lo sappiamo. Eppure ieri sera, uscendo dall’osservatorio, mi sono sorpreso ad alzare gli occhi al cielo e pensare GAIA sta volando lassù, da qualche parte. Anche stamattina, perso nei miei pensieri, ad un certo punto mi è venuto da pensare che intanto GAIA intanto stava volando, stava perseguendo il suo obiettivo. L’obiettivo per cui era stata creata.
Ora che sto scrivendo mi viene chiaro alla mente. Come GAIA sta proseguendo il suo obiettivo, così dovremmo far noi. Capire l’obiettivo del nostro viaggio su questo pianeta, il motivo per cui siamo stati creati, e accoglierlo, perseguirlo. Secondo me questo ha molto a che fare con la felicità: non quella effimera e superficiale, ma con una possibilità di felicità robusta, che duri nel tempo.
Così come GAIA ha un obiettivo definito, così penso che ognuno di noi è qui per un compito. Così il viaggio di GAIA è appena iniziato e chissà che sorprese ci riserverà. Chissà che sorprese ci riserverà il nostro viaggio, noi sonde intelligenti sparse per il cosmo… con un cuore ed una voglia di infinito che nemmeno GAIA potrebbe comprendere…
Marco