E' uno dei libri della narrativa contemporanea più belli che le sia capitato di leggere negli ultimi dieci anni (del resto, lui è una sicurezza). Eppure proprio per questo la 'povna ha sempre esitato a proporlo alle sue classi, così come a scriverne su Slumberland, per l'ottimo motivo che ci ha scritto pure sopra, in un paio di occasioni, saggi, e a lei piace mescolare i mondi, ma anche tenere ben presente la distinzione tra piani narrativi.
Nello stesso tempo è da un po' che l'idea di parlarne le girava per la testa. E così, approfittando anche di un confronto con una blog-amica (con la quale la citazione di Vonnegut è uscita proprio ieri, alla maniera di consiglio, decide di parlare di Galápagos al venerdì del libro.
Pubblicato nel 1985, Galápagos è l'undicesimo romanzo di Kurt Vonnegut e, pur avendo goduto di una fortuna intellettuale e di nicchia (l'argomento, del resto, così esplicitamente riferito a Darwin, si presta), rispetto ai grandi successi di Slaughter-House Five e Cat's Craddle resta comunque in seconda fila.
Il riassunto della trama è presto fatto: uno scombinato gruppo di persone, accomunate solo dall'essersi ritrovate tutte a bordo della nave Bahía de Darwin, a bordo della quale è stata organizzata una "Crociera-Natura del Secolo", si ritrova fortunosamente a sbarcare sull'isola delle Galápagos di Santa Rosalia in seguito a un naufragio. Tra loro, un misto di varia umanità e anche di potenziali vizi, intesi nel senso biologico di eredità genetiche. Così, mentre il resto dell'umanità - complice una molto opportuna pandemia, fuori dall'isola, si estingue più o meno allegramente, i naufraghi di Santa Rosalia (con la benedizione implicita dell'ombra evidentissima di Darwin), fedeli alla conservazione della specie, si riproducono. Di incrocio in incrocio, la razza umana che scaturisce da connubi così particolari, evolve, e quelli che nel mondo dei "grossi cervelli" voluto dalla 'civiltà' umana sarebbero stati considerati inaccettabili difetti, si rivelano viceversa allo stato di natura opportunissime virtù.
L'ironia che pervade la narrazione (peraltro condotta da una voce inattendibile, che parla, come già altre volte in Vonnegut, fuori dal tempo e dallo spazio) non deve trarre in inganno. Perché Vonnegut è autore troppo acuto, onesto, consapevole per costruire solo un divertissement senza costrutto. Il romanzo, che pure si legge in un lampo, ed è ben scritto, brillante, divertente, chiama il lettore a condividere una riflessione aperta: sul ruolo dell'uomo nella piramide biologica, del pensiero, del cervello. Una riflessione - ed è questo il pregio maggiore di Vonnegut, che non è mai assertiva o giudicante; e che, proprio per questo, trafigge come punta l'arroganza pretestuosa della presunzione umana.
Di conseguenza sollevo il seguente quesito [...]: è possibile mettere in dubbio il fatto che a suo tempo tre chili di cervello abbiano rappresentato un difetto quasi determinante nell'evoluzione della specie umana?
Un secondo interrogativo: in quel lontano passato, qual era, ad eccezione del nostro complicatissimo sistema nervoso, la fonte dei mali che vedevamo o dei quali sentivamo parlare praticamente dappertutto?
Ecco la mia risposta: non esistevano altre fonti. Una volta esclusi quei grossi cervelli, il nostro era un pianeta del tutto innocente (K. Vonnegut, Galápagos )
Informazioni su 'povna
La 'povna: corro da un mondo all'altro, di solito in treno. Temo Bianconiglio, ma non sono in ritardo. Rispetto lo sceneggiatore: di fronte a una buona trama, mi inchinerò sempre. Fermo posta: lapovna AT gmail.com
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