La trama (con parole mie): mentre a Nord della Barriera venti di guerra scuotono i Bruti ed incombono i misteriosi White Walkers, gli uomini delle Isole di ferro ed i traditori che cospirarono contro Robb Stark si battono per le terre dominate da Grande Inverno. Ad Approdo del re, intanto, fervono i preparativi per le nozze di Joffrey, mentre Sansa e Thyrion, sposi novelli, cercano di sopravvivere ai soprusi che i Lannister riservano ad entrambi. L'altra Stark, Arya, è invece in viaggio in compagnia del Mastino, che spera di ottenere dalla zia della ragazzina una ricompensa in denaro per averla consegnata.Stannis Baratheon, nel frattempo, viaggia in cerca di fondi che possano riportarlo sul continente a dare battaglia ai Lannister e vendicarsi della sconfitta di Blackwater, mentre Daeneris decide di rimandare la sua invasione per consolidare il potere nelle terre oltre mare.E mentre tutte le pedine si dispongono sulla grande scacchiera dei Sette Regni, si preparano morti e cospirazioni.
Non saprei da dove iniziare, scrivendo della quarta stagione di Game of thrones.Considerato il rischio di spoiler ed il livello sempre altissimo delle emozioni - pronte a pareggiare un'unità ed una coesione orchestrate con meno perizia rispetto all'annata d'esordio -, il primo istinto è quello di ripassare mentalmente i momenti magici che questi dieci episodi hanno regalato agli occupanti di casa Ford, dalle grida di giubilo in chiusura di The lion and the rose allo straordinario monologo di Tyrion in coda al processo, passando per le vicissitudini di Sansa e Ditocorto, Ygritte e Jon Snow, i Guardiani della notte, Arya ed il Mastino e quello che è diventato da subito il momento cult dell'anno in materia di piccolo schermo, il duello tra Oberyn Martell e la Montagna.Ancora oggi, con i colleghi al lavoro e di tanto in tanto a casa, non riesco a trattenermi dal gridare quel "Who gave the order?" che ha fatto da preludio ad uno dei finali più clamorosi dell'intera serie, paragonabile alle morti di Ned Stark e Khal Drogo, a Blackwater o alla nascita dei draghi: senza dubbio quel vecchio bastardone di Martin - che ancora si sta dilettando nel completare la saga letteraria - non ha alcuna pietà per i suoi protagonisti, oltre ad aver compreso che, per tenere alta la tensione, un Autore deve poter considerare di sacrificare anche le sue creature meglio riuscite.In questo senso, mai come nel corso della quarta stagione abbiamo visto cadere tanti main charachters, festeggiando selvaggiamente in alcuni casi e rimanendo sbigottiti o tristi in altri: al confronto, Oz - che aveva abituato ad una vera mattanza dei suoi "eroi" - pare quasi un passatempo innocuo, tanto da alimentare ormai la tensione rispetto a qualsiasi preferito, a rischio di prematura scomparsa perchè tanto "si è all'interno di un prodotto tratto dalle opere di Martin".
Interessante l'alternanza di momenti divertenti - i siparietti tra Arya ed il Mastino su tutti - ad altri profondamente drammatici, così come al lavoro pazzesco svolto su Tyrion e Jamie - il loro dialogo a proposito del cugino dalla mente instabile è da antologia - e su Arya stessa, che promette di diventare una delle punte di diamante della serie nelle prossime stagioni, specie a seguito delle ripercussioni dell'ultimo episodio.
Meno in vista il personaggio di Daeneris, da sempre una delle mie favorite ma forse un pò troppo prigioniera del suo ruolo da regina: in un certo senso, mi mancano i tempi in cui cavalcava accanto a Drogo, e non doveva affrontare decine e decine di udienze in una sala del trono.
Spettacolare, invece, la new entry Oberyn, uno dei personaggi migliori dell'intera serie, in grado di spingere ad un livello superiore perfino il già mitico Tyrion, Cersei e Tywin Lannister, rendendo interessante perfino un charachter come quello della Montagna, praticamente un ammasso di muscoli dalle espressioni più limitate delle due del Clint dei bei tempi.
Ma senza scendere nel dettaglio delle vicende - una serie di questo calibro va gustata senza che qualcuno ce la racconti per filo e per segno - o soffermarsi troppo sull'aspetto tecnico - anche se i livelli sono altissimi, come dimostra il penultimo episodio Watchers of the Wall, incentrato interamente sui Guardiani della notte e diretto da Neil Marshall - la discriminante fondamentale rispetto all'impatto che Game of thrones sta avendo sul pubblico è data dalla straordinaria varietà e profondità dei personaggi in grado di fare breccia nel cuore degli appassionati, che volenti o nolenti riusciranno a trovare uno o più preferiti, se non addirittura un'immagine o un atteggiamento nei quali identificarsi.
Prima dell'avvento di questo serial, soltanto Lost, a mio parere, era riuscito a regalare all'audience una galleria di charachters di questo calibro: non parliamo, dunque, di qualcosa che passa e va, ma di destinato a restare, lasciando il segno.
Certo, con ogni probabilità dovremo aspettare ancora parecchio per scoprire cosa accadrà quando, finalmente, l'inverno sarà arrivato, eppure sono certo che la lotta per il Trono di spade e le vicende di tutti coloro che vi sono, volenti o nolenti, legati - dai più in vista ai fuggitivi, dai sopravvissuti ai destinati a morire - sapranno arrivare dove nessun'altra saga di ampio respiro era mai giunta.
In fondo, gli stessi protagonisti insegnano che a muovere i sentimenti più forti ed i massimi sistemi della vita sono più gli istinti, gli amori e le vendette che non la voglia di poggiare il culo su una sedia che pare sempre troppo scomoda per chi la occupa.
MrFord
"I say
we're growing every day
getting stronger in every way
I'll take you to a place
where we shall find our
roots bloody roots."
Sepultura - "Roots bloody roots" -