Ganesh, il dio dalla testa di elefante

Creato il 02 aprile 2014 da Cultura Salentina

2 aprile 2014 di Dino Licci


Si conoscono diverse leggende intorno alla nascita del dio Ganesh.Una di queste vorrebbe che la dea Parvati, moglie del dio Shiva, il distruttore dell’Universo che accanto Brahma,il creatore e Vishnu,il conservatore,fa parte della Trimurti,una delle massime divinità indiane, stufa di passare intere giornate da sola perché il divino marito  era sempre in giro per il mondo, decise di fabbricarsi un figlio che le tenesse compagnia e insieme  facesse la guardia allontanando gli sconosciuti mentre lei faceva il bagno

. Un giorno Shiva  decise di rientrare in casa prima del previsto e il figlio della dea, scambiandolo per uno sconosciuto, tentò d’impedirgli di entrare. Shiva, giustamente infuriatosi per l’affronto,  gli tagliò di colpo la testa col suo tridente.

Parvati, saputo della morte del figlio, si arrabbiò molto con il marito  che  promise di porre rimedio al suo gesto: avrebbe infatti  staccato la testa al primo essere vivente che fosse passato lì vicino e l’avrebbe messa sul collo del figlio.
Il caso volle che da lì passasse un elefante e Shiva prontamente staccò la testa del pachiderma e la mise sul collo del figlio di Parvati, ridandogli la vita . Nacque così Ganesh!

Questa è una delle varie leggende sulla nascita di Ganesh, ma, dietro ogni leggenda si nasconde un ben preciso significato assiologico.  Ganesh è la rappresentazione  di un’energia presente in ognuno di noi, pronta a manifestarsi nel momento del bisogno. E’ un aspetto dell’Assoluto che si manifesta come forza positiva in ogni uomo afflitto dalle avversità della vita.

La testa di elefante simboleggia la memoria cosmica; simboleggia anche la forza dell’elefante nel rimuovere gli ostacoli.

Le Sue grandi orecchie simboleggiano la capacità di distinguere la verità dalla menzogna.

Il tridente  disegnato sulla fronte, simboleggia  il fallo eretto simbolo di fecondità e le tre punte rappresentano i tre aspetti della manifestazione: Creazione, Preservazione, Dissolvimento e quindi le divinità ad essi abbinate nella Trimurti: Brahma, Vishnu, Shiva. Come ogni altra divinità indiana, possiede quattro mani  che reggono un’ accetta e un cappio con i quale taglia o tiene insieme i legami dell’ignoranza, ma anche  un fiore di loto che simboleggia la Purezza e un piatto con i dolci Ladu  che simboleggiano la conoscenza da cui deriva la liberazione.

La  proboscide regge un recipiente colmo di miele,  il nettare della conoscenza.

Il grande ventre del dio poi,  conterrebbe  l’universo intero!.

Ai piedi di Ganesha c’è sempre un topolino, o Mushaka, che  simboleggia l’astuzia e la fertilità.  Insomma, prima di riderci sopra, dovremmo conoscere gli usi e costumi di un’altra civiltà, scoprendo così che il simpatico dio non è solo una fantasiosa leggenda , ma anche il simbolo di una morale, di un’etica cui sottendono le azioni degli umani, esseri dotati di capacità d’astrazione, che vede il trascendente nascondersi nella vita di tutti i giorni.


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