Escludendo la Turchia, ipotesi al momento poco percorribile dati i pessimi rapporti tra Mosca e Ankara, gli indizi portano alla Bulgaria, dove però si manifesterebbe nuovamente il rischio-stop poiché Gazprom, secondo le norme antitrust europee, non può essere contemporaneamente proprietario e fruitore del nascituro gasdotto. Un divieto che la compagnia russa avrebbe trovato il modo di aggirare, utilizzando il lavoro svolto da Edison e DEPA nel cosiddetto progetto “ITGI Poseidon” (di qui il nome del nuovo progetto russo), ovvero l’Interconnessione Turchia-Grecia-Italia che andrà a collocarsi come uno dei segmenti del Corridoio Meridionale (Southern Gas Corridor), l’infrastruttura che dal 2020 dovrebbe trasportare il gas del Mar Caspio fino in Puglia.
Già, perché il Corridoio Meridionale non incappa nelle norme del Terzo Pacchetto Energia, nonostante il 20 per cento del Trans Adriatic Pipeline, o TAP (il segmento che transita in territorio comunitario) appartenga alla compagnia energetica nazionale dell’Azerbaijan SOCAR, da cui quest’ultima l’UE comprerà il gas trasportato dal Southern Gas Corridor: Bruxelles nel 2013 ha concesso una deroga alla SOCAR, a conferma di come l’Unione Europea ritenga l’infrastruttura azera (della quale è azionista anche la nostra SNAM Rete Gas) degna erede di Nabucco, il progetto di gasdotto europeo rimasto solo sulla carta per gli elevati costi di realizzazione.
Per una curiosa nemesi storica, la Russia riaprirebbe la Rotta-Sud proprio in Bulgaria, dove l’aveva chiusa nel 2014 a fronte anche dei numerosi ostacoli burocratici che il governo di Sofia aveva sollevato per impedire la posa delle tubature russe sul suo territorio.