La vista ovviamente. Ma anche l’udito, ché pare di percepire tutti i frascheggi e i fruscii della selva amazzonica, i versi cupi o squillanti delle varie bestie e, su tutto, il rombo e lo sciabordio del grande fiume, quando corre o quando placido si riposa nelle lagune.
Ma più di tutto occorre aguzzare – e non sarà difficile farlo – le papille gustative e l’olfatto dell’immaginazione.
Perché “Gaston e la ricetta perfetta”, edito da Giunti, oltre che una bella storia, è un viaggio tra i sapori e le pietanze del Perù fluviale, tra i gusti speziati, gli odori dolci o piccanti, le erbe aromatiche della foresta, le chupe, l’inchicapi, l’arroz con pollo e tanti altri piatti dai nomi esotici e molto attrattivi.
Se ci fosse un bugiardino da allegare al libro sicuramente ci andrebbe scritto: “da non leggere a stomaco vuoto”. Perché il languorino, nel seguire le avventure di Gaston e dei suoi vivissimi e vitali comprimari, è assicurato.
Non che il racconto si limiti ad una carrellata, piuttosto gustosa, di cibi.
Tutt’altro. Una storia ben congegnata, scritta con passione e competenza da un’autrice che ama e conosce i luoghi narrati, si snoda piacevole dalla prima all’ultima pagina, caratterizzata, oltre che da un buon intreccio, anche da personaggi dall’intensa e calda umanità, ottimamente tratteggiati, le vite dei quali si intessono con quella del protagonista, restituendo al lettore il senso di una realtà difficile ma affrontata con forza, coraggio e speranza.
Tutti buoni sono infondo gli uomini e le donne raccontatici da Anna Lavatelli. E anche i cattivi infondo non lo sono poi troppo.
Ma non perché visti da un’ottica edulcorata, falsa o buonista. Bensì perché forgiati alla scuola di una vita umile, diretta, basilare anche là dove amara o dura.
Perché abitanti di una terra inospitale ma bellissima, rude ma colorata, grande e incantata; perché pronti ad indugiare nei piaceri semplici e profondi, come il buon cibo, gli affetti, l’allegria.
Gaston è un presunto orfano. Dico presunto perché la morte dei genitori non è mai stata accertata.
I due sono semplicemente spariti, prima il padre e, a distanza di qualche anno, la madre, recatasi alla ricerca del marito.
Il ragazzo, allora bambino, è stato affidato alle cure dei frati in un orfanatrofio e proprio uno di questi, il buon Frà Zapallo, abilissimo con pentole e fornelli, lo ha iniziato all’arte culinaria.
Ed è proprio nella preparazione dei cibi che Gaston, fin da subito, si è distinto. Con una maestria e un istinto naturali, probabilmente ereditati dalla mamma, specialista nella chupe di gamberi.
Alla morte del frate, quasi un padre per lui, il ragazzo, ormai adolescente, non ha trovato più alcun motivo per restare nell’istituto e, con soltanto un libro di ricette come tesoro, se n’è andato per la sua via, alla ricerca dei genitori scomparsi.
Quale miglior modo per trovare persone sparite lungo il Rio delle Amazzoni se non quello di imbarcarsi su un battello turistico che fa avanti e indietro sulle acque del grande fiume? E così Gaston viene assunto come mozzo e aiuto cucina sul grande traghetto Reina, al servizio dell’arrogante e presuntuoso – e pure piuttosto manesco - chef Iscariote Reateguì.
La vita sembra quasi segnata se non fosse che il caso vuole che il suo destino incontri, ad un certo punto, quello di una banda di pirati, invero più simpatici e bonari che crudeli e pericolosi.
Coco, questo il nome del capo dei banditi, e i suo uomini si sono trovati infatti all’improvviso senza il cuoco di bordo, arrestato dalla polizia in seguito ad un riconoscimento e, non sapendo dove mettersi le mani tra padelle e fuochi, hanno deciso di procurarsi coattamente un cuciniere da impiegare sulla loro barca.
Essendo amanti della buona tavola, i cinque vorrebbero fare le cose in grande rapendo niente poco di meno che il rinomato capo chef del battello Reina. Ma un errore al momento dell’assalto porterà sulla loro imbarcazione….Gaston!
Da qui parte il cuore del racconto che si snoda tra le anse del fiume Amazzone, tra lauti pranzi, pirati convertiti dai saccheggi all’arte dei fornelli, capitani dal buon cuore e innamorati, fanciulle dolci ma risolute, atti di eroismo e di altruismo, sergenti di polizia tutt’altro che dal polso di ferro…
Tra un piatto e l’altro, le storie delle vite dei vari personaggi, le speranze, i sogni, i dolori…E sempre viva un’umanità dal cuore grande, dal sorriso facile, dalla fede nell’esistenza e nelle sue manifestazioni, dallo sguardo sincero e pulito, anche quando la fedina penale lo è meno.
Tra le righe il messaggio che sovente è la povertà, la sofferenza a spingere gli uomini verso la via poco retta e non la cattiveria, soprattutto in quei luoghi del sud del mondo dove nascere, crescere e sopravvivere non è così facile.
Fino ad un finale lieto ma non dirompente, sereno più nelle promesse che nei fatti.
Un punto che non è un “punto e basta” ma un “punto a capo”, quasi ad indicare che la vita è avventura più lunga, complessa e meravigliosa di quella che può essere contenuta dalle pagine di un libro.
Il romanzo è meritatamente nell’elenco dei finalisti al Premio Andersen 2013, nella categoria d’età “dai 9 ai 12 anni”.
(età consigliata: da 9 anni)
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