La reazione del Sindaco Gastone Gismondi (che evoca l’immagine stucchevole della “macchina del fango” che tanto va di moda) al dibattito sulla paternità del Veregra Street Festival è stupefacente. Fuori misura, smodata, dà la netta impressione che il Primo Cittadino di Montegranaro non abbia letto una riga della diatriba ma che la stessa gli sia stata riferita da qualcuno che aveva tutto l’interesse a montare la polemica. Polemica che, in realtà, non c’era. C’era invece, e c’è tutt’ora, la forte preoccupazione per il fatto che il direttore del festival, dipendente del Comune e, in quanto tale, agente su incarico dello stesso, cominci a vantare diritti e paternità.
Chiariamoci: se una persona lavora per un’azienda o un ente ella agisce, nello svolgimento del suo incarico, in nome e per conto del suo datore di lavoro. Un ricercatore dell’azienda X che brevetta un ritrovato lo fa in nome e per conto dell’azienda X e non col nome proprio. Sulla scatola del prodotto non ci sarà scritto il nome del ricercatore ma il nome dell’azienda che gli paga lo stipendio.
Questo deve valere anche a Montegranaro. Se invece leggiamo su notiziari online che il nostro “ricercatore” mette il nome sul prodotto, in qualità di azionisti dell’azienda Comune di Montegranaro (lo siamo in quanto cittadini) abbiamo tutto il diritto di preoccuparci.
Il Sindaco avrebbe fatto bene a dare spiegazioni, a tranquillizzare gli oltre 2000 lettori che hanno visto il mio articolo e che si sono a loro volta domandati come stessero le cose, e avrebbe fatto una figura molto migliore piuttosto che “tuonare” e lanciare anatemi. Ma queste sono scelte politiche e ognuno fa le sue. In quanto alla registrazione del marchio Veregra Street, che Gismondi dichiara di avere effettuato, ne prendo atto con immensa soddisfazione. Vorrei, pertanto, vedere la R di fianco al marchio così, tanto per essere del tutto tranquillo.
Luca Craia