Mentre infiamma la polemica per l'avvicinarsi del voto in Parlamento sull'approvazione del ddl Cirinnà, andiamo ad analizzare meglio due avvenimenti storici, avvenuti nei mesi scorsi in Francia e Stati Uniti, che riguardano da vicino i diritti degli omosessuali. Anche se non tutto è come sembra. E l'Italia, per una volta, ha addirittura qualcosa da insegnare.
Il 4 Novembre 2015, infatti, Marisol Touraine - Ministro francese degli Affari Sociali e della Sanità - ha annunciato con un tweet che nel corso del 2016 verrà abolito il divieto di donare sangue e plasma che riguarda gli omosessuali. Dal 1983, infatti, è in vigore in Francia - così come in diversi altri paesi del mondo - un divieto di donazione emanato allo scopo di arginare la diffusione del virus dell' HIV. Quelli erano gli anni, appunto, di una vera e propria emergenza AIDS. "È la fine di una discriminazione", ha annunciato il Ministro. Lo stesso Presidente François Hollande aveva promesso, in campagna elettorale, che si sarebbe adoperato per rimuovere il divieto.
Entrando nel dettaglio si legge che, a partire dall'Aprile 2016, gli uomini gay e bisessuali potranno donare il proprio plasma se nei quattro mesi precedenti al prelievo non avranno avuto rapporti con più di un partner. Per quanto riguarda le donazioni di sangue, invece, si stabilisce che quelle degli uomini omosessuali saranno ammesse soltanto se, nei dodici mesi precedenti, non avranno avuto alcun rapporto sessuale.
Le reazioni, naturalmente, non si sono fatte attendere: "Per noi è sia un insulto che un passo indietro", ha dichiarato Frédéric Pecharman, coordinatore di Homodonneur, un gruppo che ha spinto per la modifica della regolamentazione della materia fin dal 2009. Prosegue Pecharman: "Il provvedimento non è solamente inaccettabile da un punto di vista umano, dato che una persona in buona salute tende ad avere rapporti sessuali, ma è anche pericoloso, perché esorterà i donatori a mentire. La sinistra ci ha dato l'autorizzazione a sposarci, ma per poter donare il sangue vuole che ci asteniamo dal sesso. Non devo neanche spiegare quanto sia stupida questa restrizione. Il requisito serve solo a tramandare il mito secondo cui tutti i gay sono dei libertini che fanno sesso occasionale senza usare un preservativo [...]. Questo periodo di attesa impedisce agli omosessuali di avere una vita sessuale".
Yohann Roszéwitch, Presidente dell'Associazione francese SOS Homophobie, ha dichiarato che "i nuovi provvedimenti sono un progresso simbolico, dato che siamo passati da un divieto totale a un divieto morbido sottoposto all'astinenza di 12 mesi. Gli omosessuali incontreranno ancora molte difficoltà nel donare il proprio sangue, e gli uomini [gay, ndr] che sono sposati, fedeli, e usano una protezione non potranno farlo".
Dal Direttorio Generale della Salute francese, un'agenzia governativa che fa capo al Ministero della Salute, hanno fatto sapere che "al momento non ci sono abbastanza dati per dimostrare l'assenza di un rischio maggiore di trasmissione dell'HIV attraverso una trasfusione con meno di 12 mesi di astinenza". Fra i sostenitori della linea tenuta dal Ministero della Salute c'è Thomas Sannié, Presidente dell'Associazione francese Emofilici, che ritiene le restrizioni indispensabili: "Accettiamo il ritardo di un anno perché l'esempio dell'Australia dimostra che questa politica può essere applicata>> ha dichiarato Sannié, riferendosi alla decisione australiana di adottare lo stesso provvedimento. "Abbiamo rifiutato categoricamente l'idea di abbassarla a quattro mesi".
La Corte di Giustizia UE era stata investita della questione in seguito ad un ricorso proposto da un cittadino francese, che si era vista negata la possibilità di donazione: la causa risiedeva in un rapporto omosessuale avuto dall'uomo, al tempo in cui vigeva il divieto assoluto in materia. Nell' Aprile del 2015 la Corte stabiliva che "l'esclusione permanente dalla donazione di sangue per uomini che abbiano avuto rapporti omosessuali può, alla luce della situazione in Francia, essere giustificata". Si precisava: "Occorre dimostrare che per queste persone esiste un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive, come l'HIV, e che non sono disponibili tecniche efficaci di ricerca o metodi per assicurare un livello elevato di protezione della salute dei riceventi, meno restrittivi dell'esclusione". Nel caso specifico, "si dovrà verificare se, nel caso di un uomo che abbia avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso, esista, in Francia, un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili con il sangue prendendo in considerazione la situazione epidemiologica".
Il 21 Dicembre 2015 è un'altra data storica: gli Stati Uniti permettono a gay e bisex di tornare a donare il sangue, a condizione che non abbiano avuto rapporti sessuali nell'anno precedente. La decisione segue la politica adottata in Australia, Gran Bretagna e Francia. La Food and Drug Administration ha dichiarato: "Abbiamo posto grande attenzione al fatto che la revisione della normativa fosse supportata dalla voce della scienza, assicurandoci che non venga meno la sicurezza delle nostre scorte di sangue. L'aggiornamento della legislazione riflette l'evidenza scientifica più attuale".
La National Gay Blood Drive, un gruppo che ha spinto per l'abolizione del divieto, ha fatto sapere che "la normativa resta ancora discriminatoria". In un comunicato ha spiegato che "si continua ad escludere soggetti sulla sola base del loro orientamento sessuale senza alcuna ragione medica o scientifica". Il fondatore, Ryan James Yezak, ha annunciato che "l'FDA dovrebbe passare ad un approccio fondato sul potenziale rischio di ogni donatore, sulla base dei comportamenti individuali".
Daniel Bruner, Direttore del Whitman-Walker Health, un centro di assistenza sanitaria che si occupa di pazienti gay, bisessuali e transgender, ha rilasciato un'intervista in cui sostiene che sarebbe sufficiente un periodo di astinenza non superiore ai trenta giorni, viste le capacità dei test HIV moderni di individuare il virus subito dopo il contagio. Inoltre, ha criticato le nuove linee guida che continuano a impedire a vita la donazione per sex workers e chi fa uso di droghe.
Dei 28 Paesi che compongono l' Unione Europea, invece, più della metà negano ancora in modo categorico le donazioni agli omosessuali: prima fra tutti la vicina Germania.
In Italia non sono previsti divieti preventivi per quanto riguarda gli omosessuali. Nel nostro Paese viene chiesto di compilare un questionario dove, fra le altre cose, viene domandato se si sono effettuate pratiche sessuali "a rischio" nell'ultimo anno, se non si conoscono le abitudini sessuali dei propri partner, se si fa uso di droghe, etc: ci si informa, quindi, sul comportamento del donatore e non sul suo orientamento sessuale, in modo da poter valutare se accettare o rinviare il prelievo. Una procedura simile alla nostra è stata adottata dalla Spagna.
Per una volta, con tutta probabilità, quella italiana sembra essere una decisione non discriminatoria, con la quale al tempo stesso si tutela da una parte la salute della collettività, mentre dall'altra i diritti individuali dei donatori. Parlando genericamente di rapporti a rischio, infatti, non si va ad indagare sulle preferenze e sui gusti sessuali di chi si sottopone al prelievo, non interessando il fatto che un soggetto possa essere omosessuale od eterosessuale, ma viene spostata l'attenzione sul comportamento, in particolare su eventuali rapporti rischiosi: rapporti che possono essere messi in pratica, indifferentemente, da tutti.