I bombardamenti sono stati particolarmente insistenti stanotte; sette i civili palestinesi uccisi, tra cui una donna che usciva dalla moschea Khan Younes, nel sud della Striscia. Non terminano le stragi di intere famiglie nella Striscia a causa del fuoco dei carrarmati. L’artiglieria è costantemente puntata sulla popolazione; le fonti mediche palestinesi hanno fatto sapere che il solo ingresso delle truppe ha provocato almeno 51 morti e 292 feriti. Aumenta anche il numero dei profughi. Sono 55 mila gli sfollati negli edifici dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per profughi; appena ieri erano 35-40 mila.
Non bastano le cifre da brividi a fermare le ostilità. Il premier israeliano Netanyahu è solo all’inizio: gli attacchi da terra continueranno, l’avanzamento nella Striscia di Gaza è costante ma lento. “L’invasione di terra continuerà sino a quando tutti gli obiettivi saranno stati raggiunti”, ha asserito il ministro della difesa israeliano. I militari sono in cerca dei tunnel di Hamas, utilizzati per i rifornimenti di armi ed equipaggiamenti e per tentare infiltrazioni nel territorio israeliano, sono “decine, forse centinaia”, ha riferito il portavoce di Tsahal, Peter Lerner , secondo il quale nel 2009 Hamas ha fatto la scelta strategica di puntare sui tunnel.
Questo è quanto accade nel territorio degli scontri, adesso andiamo un po’ oltre.
Abdel Fattah Sisi, premier egiziano, insiste nel convincimento di Hamas per un “cessate il fuoco”. La posizione dell’Egitto però è ambigua. Prima ha invitato il segretario di Stato americano John Kerry a non partire per Il Cairo; poi, i soldati nel nord del Sinai hanno impedito a un convoglio di aiuti umanitari di raggiungere il valico di Rafah e arrivare così nella Striscia di Gaza. Un ufficiale ha giustificato la decisione evidenziando l’assenza della sicurezza per il passaggio di 11 pullman e 500 attivisti. Il segretario dell’Onu Ban Ki-moon si è detto “allarmato” per gli ultimi risvolti violenti. Tale escalation “aumenterà inevitabilmente la sofferenza già spaventosa delle popolazioni colpite” e insiste per la “fine delle ostilità”. A tal fine il segretario generale Onu domani partirà per Israele. Obama oggi fa un passo indietro. Appena ieri appoggiava il diritto di difendersi di Israele dai lanci dei missili palestinesi; oggi invece ha invocato la fine degli scontri. Continua a sostenere la linea di Israele Angela Merkel “in proporzione all’attacco” e ha ribadito che su questo la Germania appoggia Netanyahu.