La raffineria dunque abbandona il petrolio per riconvertire i suoi impianti in industria eco-compatibile votata alla produzione di bio-carburanti. Il ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, parla di “investimento strategico per la Sicilia, per il sistema energetico nazionale e per la difesa dei livelli occupazionali“, l’accordo infatti non riguarda, solo il sito di Gela, ma più in generale l’attività del gruppo sull’isola.
Tutti soddisfatti, dunque, a partire dai sindacati, imprenditori, amministratori e quanti ritengono di avere garantito la continuità produttiva e la stessa esistenza dell’industria a Gela.
Preoccupati appaiono invece coloro che guardano alle ridotte dimensioni dell’apparato produttivo e dei livelli occupazionali, in particolare i dipendenti delle imprese dell’indotto che, malgrado le promesse, temono di perdere il loro posto di lavoro, nonché i lavoratori del diretto, perché la “green-refinery” dell’Eni non potrà garantire occupazione a tutti gli attuali mille dipendenti. Gli esuberi (circa 650) saranno ricollocati e dovranno comunque cambiare azienda, mansioni e forse anche sede di lavoro.