Il genepì è una pianta aromatica che cresce nelle zone alpine e appenniniche. Comprende diverse specie appartenenti al genere Artemisia. Tra le varietà più conosciute ricordiamo il genepì nero, il cui nome botanico è Artemisia genepì, è il genepì bianco, botanicamente identificato come Artemisia mutellina. Entrambe le varietà si presentano come un cespuglio, di 20 centimetri il genepì nero e di 15 centimetri il genepì bianco. I fusti sono semplici, con rami striscianti o eretti, le foglie basali sono lievemente picciolate, mentre quelle della parte alta, chiamati capolini, sono disposte come delle spighe. Ogni capolino è formato da circa una ventina di fiori di colore giallo dorato. I fiori possono essere sia maschili, che femminili. I primi sono più aromatici rispetto ai secondi. Le maggiori essenze aromatiche si riscontrano nel genepì nero, mentre nel genepì bianco cono presenti solo nelle parti aeree. Il genepì cresce ad altitudini comprese tra 1500 e tremila metri. La regione che vanta la maggiore produzione di genepì è il
Piemonte che iniziò a coltivare la pianta a partire dagli anni’60 per far fronte alla forte domanda di liquori( da genepì, infatti, si ricava un liquore omonimo) e per sopperire alla carenza di piantagioni spontanee. Il genepì fiorisce tra luglio e settembre. Questa pianta si usa per produrre il già citato liquore, ma anche per preparare dei rimedi erboristici. Le parti utilizzate sono le sommità fiorite, compresi gli stessi fiori, raccolti all’inizio della fioritura e fatti essiccare all’ombra e in un luogo ben ventilato e la radice raccolta in estate.
Le proprietà del genepì sono legate ai suoi principi amari che permettono di produrre un rinomato liquore dagli effetti digestivi. Questa pianta contiene, infatti,oli essenziali, tra cui un componente molto raro in altre specie vegetali, il cineolo, ossido terpenico che si rivela utile per stimolare la digestione. Il genepì è anche tonico, stimolante, antispasmodico, espettorante, balsamico e cicatrizzante. I suoi estratti si rivelano utili per calmare gli spasmi intestinali, per lenire le ferite, per la tosse e altre malattie dell’apparato respiratorio come
asma e
bronchite. Con gli estratti di genepì si trova sollievo nel caso di digestione lenta e difficile e per la flatulenza. I suoi estratti si impiegano anche per aumentare la sudorazione e abbassare la febbre. In cucina gli estratti il genepì si usano per preparare liquori e aperitivi. I montanari aggiungevano il liquore di genepì alla
grappa per alleviare il cosiddetto “mal di montagna” cioè un rallentamento della digestione provocato dalle eccessive altitudini e dal freddo.
I principali usi del genepì, o meglio dei fiori maschili del genepì, sono in fitoterapia e nell’industria o meglio nell’artigianato dei liquori. Il liquore di genepì si prepara utilizzando le foglie essiccate. L’estrazione dei principi attivi della pianta può
avvenire per infusione o sospensione. Il primo trattamento consiste nel lasciare le parti della pianta in infusione per 45 giorni in soluzione idroalcolica. Dopo questo periodo di tempo l’infuso viene torchiato e miscelato con acqua e zucchero per abbassarne il grado alcolico. Il liquore così ottenuto si lascia stagionare per permettere la sedimentazione delle parti insolubili che vengono filtrate al fine di ottenere un prodotto puro e brillante, dal colore paglierino con tendenza verso il verde pallido. Il metodo della sospensione prevede che le piantine vengano poste su griglie che vengono sospese sulla soluzione alcolica, all’interno di contenitori ermetici. Al loro interno l’alcol evaporerà trattenendo solo i componenti aromatici della pianta e non quelli colorati. Dopo l’evaporazione si aggiunge una miscela di acqua e zucchero. La procedura di sospensione dura circa 90 giorni, al termine il liquore subirà una stagionatura di 150 giorni. Con questo metodo si ottiene un liquore incolore dalla gradazione alcolica di circa 40 gradi, chiamato acquavite. Con il genepì si possono anche preparare infusi, tinture madri e tinture vinose. L’infuso si prepara con 3 grammi di sommità fiorite in 100 ml di acqua. La dose consigliata è di una tazzina dopo i pasti o al bisogno. La tintura madre si ottiene facendo macerare per 5 giorni 20 grammi di sommità fiorite in 100 ml di acool a 60°. La dose consigliata è di mezzo cucchiaino dopo i pasti. La tintura vinosa si ottiene facendo macerare la stessa quantità di pianta e per lo stesso periodo, nel vino bianco. La dose consigliata è di un bicchierino al bisogno.
Le tinture madri di genepì, come altre tinture madri, in flaconi da 50 ml, costano circa 10 euro. Più contenuto il costo dei filtri per infuso, che oscillano tra 4 e sei euro. Più elevato il costo dei liquori e degli amari a base di genepì che si trovano nelle distillerie e nei negozi specializzati nella vendita di bevande alcoliche. Questi prodotti si trovano anche nei siti di e-commerce a prezzi che oscillano tra 7 euro per bottiglie da 200 ml a 20 euro per bottiglie da 700 ml. Comunque è sempre meglio accertarsi della qualità del prodotto prima di procedere all’acquisto.