Flavio Nati1.Partendo da questa citazione di E.Fisk qual’ è la figura didattica italiana a cui fai riferimento,dalla quale pensi di trarre forte ispirazione o con la quale hai avuto l’occasione di studiare?Personalmente credo che in Italia abbiamo una serie di didatti e musicisti di altissimo livello. Io ho avuto la fortuna di studiare con maestri del calibro di Arturo Tallini, Giuliano Balestra, Carlo Marchione, Oscar Ghiglia: ognuno di essi ha esercitato una forte influenza sul mio modo di suonare, di concepire la musica e il mio mestiere, ma soprattutto ogni personalità ha contribuito a formare il mio essere “artista”- cioè creatore di arte - nel senso più completo della parola, che alla fine penso sia la cosa più importante di tutte. Chiaramente ho solamente citato gliinsegnanti con cui ho avuto il piacere studiare, ma posso tranquillamente affermare che ce ne sarebbero ancora tanti altri da elencare.2.Essendo un giovane concertista,sicuramente lo studio giornaliero occuperà molto tempo della tua giornata. Ti senti valorizzato dalle varie organizzazioni chitarristiche(Festival) e soprattutto ti vengono dati spazi adeguati per esibirti?Ci sono alcuni festival che danno uno specifico spazio ai giovani, ma in generale penso che si possa – e si debba - fare molto di più. La cosa che mi diverte è piuttosto vedere come i nostri colleghi più anziani rimangano spesso stupefatti dalla qualità delle proposte di noi giovani: il livello della chitarra si è alzato, ci stiamo finalmente avvicinando ai nostri colleghi pianisti, violinisti ecc … ma questo ancora non basta.Poiché la chitarra rappresenta una nicchia all’interno di un genere che al giorno d’oggi sta vivendo una profonda crisi – quello della musica classica, si è venuta a creare una combinazione tra una concorrenza molto agguerrita e la carenza di sufficienti situazioni adeguate che infine non favorisce chi vuole emergere. Una via sicuramente è quella di vincere concorsi, ma forse non è l’unica e comunque non garantisce un successo a lungo termine.3.Sei soddisfatto della didattica del tuo paese? Andresti a studiare il tuo strumento in qualche posto(Paese) in particolare? Se si,dove?Secondo me il problema fondamentale dello studio della musica in Italia non risiede tanto nel livello didattico degli insegnanti, che invece ritengo elevato considerati gli standard europei, ma piuttosto nella situazione dei conservatori: corsi che partono in ritardo, continui problemi burocratici, troppe materie da seguire con relativi esami. La situazione non cambia neanche per il biennio, dove in teoria si dovrebbe essere preparati alla professione da un punto di vista ancora più pratico. Perlomeno mi riferisco all’esperienza che ho avuto io nel conservatorio della mia città natale, Roma. Ritengo che sia giusto voler paragonare il percorso di studi musicali in conservatorio a qualunque altro studio universitario, cosa che avviene normalmente in tutta Europa, ma studiare musica è ben differente da studiare matematica, architettura o filosofia: esso richiede un impegno giornaliero non indifferente sullo strumento, cosa che – per il modo in cui sono organizzati i corsi della riforma – non viene a mio avviso tenuta sufficientemente in considerazione. Per questo motivo ho deciso di seguire un biennio di specializzazione in Olanda, a Maastricht, con il maestro Carlo Marchione.Qui non ho molte materie complementari, pochi esami da dare e questo mi permette di concentrarmi sullo studio giornaliero e di prepararmi per concerti, concorsi, studiare altro repertorio con la dovuta calma e senza troppi problemi.4.Che obbiettivi lavorativi vorresti raggiungere in futuro?Chiaramente penso che un obbiettivo ragionevole possa essere quello di ottenere un posto fisso in una scuola, preferibilmente non privata: il mio sogno sarebbe quello di insegnare in un conservatorio italiano, ma il problema è che le assunzioni nel nostro paese sono tutte bloccate e mettersi in graduatoria vuol dire aspettare molti, troppi anni. E anche le tanto agognate scuole medie ad indirizzo musicale non mi convincono, poiché non credo permettano al docente di creare un percorso di qualità e difficilmente lasciano abbastanza spazio per la propria carriera personale (basti vedere il numero di giorni di permesso artistico che un insegnante può chiedere in anno). Personalmente credo che al giorno d’oggi l’estero possa riservare situazioni più semplici e dignitose per i giovani musicisti, vista anche la considerazione che si ha altrove per la musica: tutto questo però a caro prezzo, soprattutto per quelli che come me amerebbero poter vivere nella propria patria.5.Che consiglio senti di dare ai giovani chitarristi come te che vogliono affrontare una carriera da concertista.?Innanzitutto direi di non trascurare mai la qualità di quello che si fa. Purtroppo al giorno d’oggi siamo abituati a percepire le cose alla velocità della luce, ma per avere risultati soddisfacenti nello studio di uno strumento sono necessari tanta calma, concentrazione e forza di volontà. Altra cosa: cercate sempre di studiare con buoni maestri. Solo così possiamo percorrere ed essere guidati lungo un cammino di crescita musicalmente valido, e questo secondo me è il miglior biglietto da visita che si possa avere per il futuro. Personalmente non credo molto nel talento, penso che sia molto più fruttuoso un percorso di studio portato avanti con serietà – e anche con una sana dose di divertimento - giorno dopo giorno: solo con esso si gettano basi veramente solide per creare la propria carriera futura.Un altro consiglio è quello di essere propositivi: suonare nella propria stanza può essere molto d’aiuto ma è quando si comunica con gli altri che si mostra il nostro vero valore. Ciò vuol dire di cercare il più possibile tutte quelle opportunità che facciano al proprio caso, senza temere troppo di non essere adeguatamente pronti, anche perché non lo si sarà mai al cento per cento (è anche questo il bello di essere musicisti): un po’ di audacia in fin dei conti non guasta mai.http://feeds.feedburner.com/ChitarraEDintorni
Generazione di Fenomeni, saggio e interviste di Andrea Chiarello, seconda parte
Creato il 06 maggio 2014 da Empedocle70Flavio Nati1.Partendo da questa citazione di E.Fisk qual’ è la figura didattica italiana a cui fai riferimento,dalla quale pensi di trarre forte ispirazione o con la quale hai avuto l’occasione di studiare?Personalmente credo che in Italia abbiamo una serie di didatti e musicisti di altissimo livello. Io ho avuto la fortuna di studiare con maestri del calibro di Arturo Tallini, Giuliano Balestra, Carlo Marchione, Oscar Ghiglia: ognuno di essi ha esercitato una forte influenza sul mio modo di suonare, di concepire la musica e il mio mestiere, ma soprattutto ogni personalità ha contribuito a formare il mio essere “artista”- cioè creatore di arte - nel senso più completo della parola, che alla fine penso sia la cosa più importante di tutte. Chiaramente ho solamente citato gliinsegnanti con cui ho avuto il piacere studiare, ma posso tranquillamente affermare che ce ne sarebbero ancora tanti altri da elencare.2.Essendo un giovane concertista,sicuramente lo studio giornaliero occuperà molto tempo della tua giornata. Ti senti valorizzato dalle varie organizzazioni chitarristiche(Festival) e soprattutto ti vengono dati spazi adeguati per esibirti?Ci sono alcuni festival che danno uno specifico spazio ai giovani, ma in generale penso che si possa – e si debba - fare molto di più. La cosa che mi diverte è piuttosto vedere come i nostri colleghi più anziani rimangano spesso stupefatti dalla qualità delle proposte di noi giovani: il livello della chitarra si è alzato, ci stiamo finalmente avvicinando ai nostri colleghi pianisti, violinisti ecc … ma questo ancora non basta.Poiché la chitarra rappresenta una nicchia all’interno di un genere che al giorno d’oggi sta vivendo una profonda crisi – quello della musica classica, si è venuta a creare una combinazione tra una concorrenza molto agguerrita e la carenza di sufficienti situazioni adeguate che infine non favorisce chi vuole emergere. Una via sicuramente è quella di vincere concorsi, ma forse non è l’unica e comunque non garantisce un successo a lungo termine.3.Sei soddisfatto della didattica del tuo paese? Andresti a studiare il tuo strumento in qualche posto(Paese) in particolare? Se si,dove?Secondo me il problema fondamentale dello studio della musica in Italia non risiede tanto nel livello didattico degli insegnanti, che invece ritengo elevato considerati gli standard europei, ma piuttosto nella situazione dei conservatori: corsi che partono in ritardo, continui problemi burocratici, troppe materie da seguire con relativi esami. La situazione non cambia neanche per il biennio, dove in teoria si dovrebbe essere preparati alla professione da un punto di vista ancora più pratico. Perlomeno mi riferisco all’esperienza che ho avuto io nel conservatorio della mia città natale, Roma. Ritengo che sia giusto voler paragonare il percorso di studi musicali in conservatorio a qualunque altro studio universitario, cosa che avviene normalmente in tutta Europa, ma studiare musica è ben differente da studiare matematica, architettura o filosofia: esso richiede un impegno giornaliero non indifferente sullo strumento, cosa che – per il modo in cui sono organizzati i corsi della riforma – non viene a mio avviso tenuta sufficientemente in considerazione. Per questo motivo ho deciso di seguire un biennio di specializzazione in Olanda, a Maastricht, con il maestro Carlo Marchione.Qui non ho molte materie complementari, pochi esami da dare e questo mi permette di concentrarmi sullo studio giornaliero e di prepararmi per concerti, concorsi, studiare altro repertorio con la dovuta calma e senza troppi problemi.4.Che obbiettivi lavorativi vorresti raggiungere in futuro?Chiaramente penso che un obbiettivo ragionevole possa essere quello di ottenere un posto fisso in una scuola, preferibilmente non privata: il mio sogno sarebbe quello di insegnare in un conservatorio italiano, ma il problema è che le assunzioni nel nostro paese sono tutte bloccate e mettersi in graduatoria vuol dire aspettare molti, troppi anni. E anche le tanto agognate scuole medie ad indirizzo musicale non mi convincono, poiché non credo permettano al docente di creare un percorso di qualità e difficilmente lasciano abbastanza spazio per la propria carriera personale (basti vedere il numero di giorni di permesso artistico che un insegnante può chiedere in anno). Personalmente credo che al giorno d’oggi l’estero possa riservare situazioni più semplici e dignitose per i giovani musicisti, vista anche la considerazione che si ha altrove per la musica: tutto questo però a caro prezzo, soprattutto per quelli che come me amerebbero poter vivere nella propria patria.5.Che consiglio senti di dare ai giovani chitarristi come te che vogliono affrontare una carriera da concertista.?Innanzitutto direi di non trascurare mai la qualità di quello che si fa. Purtroppo al giorno d’oggi siamo abituati a percepire le cose alla velocità della luce, ma per avere risultati soddisfacenti nello studio di uno strumento sono necessari tanta calma, concentrazione e forza di volontà. Altra cosa: cercate sempre di studiare con buoni maestri. Solo così possiamo percorrere ed essere guidati lungo un cammino di crescita musicalmente valido, e questo secondo me è il miglior biglietto da visita che si possa avere per il futuro. Personalmente non credo molto nel talento, penso che sia molto più fruttuoso un percorso di studio portato avanti con serietà – e anche con una sana dose di divertimento - giorno dopo giorno: solo con esso si gettano basi veramente solide per creare la propria carriera futura.Un altro consiglio è quello di essere propositivi: suonare nella propria stanza può essere molto d’aiuto ma è quando si comunica con gli altri che si mostra il nostro vero valore. Ciò vuol dire di cercare il più possibile tutte quelle opportunità che facciano al proprio caso, senza temere troppo di non essere adeguatamente pronti, anche perché non lo si sarà mai al cento per cento (è anche questo il bello di essere musicisti): un po’ di audacia in fin dei conti non guasta mai.http://feeds.feedburner.com/ChitarraEDintorni
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