A seguito di una lite familiare piuttosto accesa, tanto che si è richiesto l’intervento anche delle Forze dell’ordine, un uomo, durante la descrizione dei fatti agli agenti intervenuti sul posto, per diverse volte apostrofava la suocera come “vipera”.
In primo e secondo grado i giudici, considerando l’espressione lesiva dell’onore e del decoro della donna, ritenevano l’uomo responsabile del delitto di ingiuria. Ma gli “ermellini” dell’ alta corte sono stati di parere opposto: “la frase (…), pronunciata dopo un contrasto che aveva determinato l’intervento delle forze dell’ordine e per descrivere, nella concitazione del momento, le modalità dell’azione della suocera, non si connota in termini di offensività idonei a giustificare l’attivazione della tutela penale“.
Dunque, cari generi (ne ho due!), se vostra suocera lo merita, siete legittimati ad appellarla “vipera”. Modesta rivalsa se ve n’è toccata una insopportabile – succede con relativa frequenza. Qualora volesse trascinarvi in tribunale, il giudizio (finale) risulterà (presumibilmente) a vostro favore.
Battute a parte, care suocere, cortesia e discrezione sono d’obbligo sia nei confronti delle mogli che dei mariti della nostra progenie!
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