Genitrici e figlie

Creato il 15 marzo 2011 da Stukhtra

Le une dormono, le altre nascono

di Silvia Fracchia

In un articolo di qualche tempo fa abbiamo parlato di alcuni voraci astri divoratori di pianeti scoperti nell’ammasso aperto NCG 3603. Ma i bizzarri comportamenti dei corpi celesti non si esauriscono qui: stavolta abbiamo a che fare con stelle giovani e un po’ addormentate, ma in grado di generarne, a propria insaputa, altre più piccole.

Pare che oltre il 60 per cento della nostra galassia, la Via Lattea, sia costituito da stelle piccole, con masse inferiori ad almeno 5 volte quella del Sole, sebbene le cause e le modalità della loro formazione non siano del tutto chiare agli astronomi. Almeno fino a oggi: una possibile spiegazione, già intuita in passato, è stata infatti analizzata in dettaglio da tre astrofisici delle Università di Cardiff e di Sheffield, in Inghilterra, Dimitris Stamatellos, Anthony Whitworth e David Hubber, come riportato in un articolo di futura pubblicazione su “The Astrophysical Journal”.

Le prime fasi della vita di una stella sono caratterizzate da un processo di accrescimento: il giovane astro è circondato da un disco di gas e polvere interstellare. Disco del quale la stella si alimenta, incrementando la propria massa fino a raggiungere un limite che determinerà la sua evoluzione successiva. Tuttavia già da qualche tempo gli astrofisici nutrono il sospetto che questa fase di accrescimento non avvenga in modo continuo, bensì attraverso eventi sporadici. In altre parole, la stella cattura un “pezzo” di disco di accrescimento per poi rimanere per alcune migliaia di anni in una fase di quiescenza, una sorta di assopimento che si protrae fino a una nuova e improvvisa cattura. Secondo questa teoria, il momento di acquisizione di materia dal disco di accrescimento è accompagnato da un’intensa emissione energetica, mentre nella fase di quiescenza la luminosità dell’astro si riduce drasticamente, nonostante il continuo aumento della sua massa.

Una stella giovane circondata dal suo disco di accrescimento in tre stadi successivi: a sinistra il disco è instabile, come si evince dalla struttura a spirale, al centro è temporaneamente stabilizzato da un’emissione di energia dalla stella che elimina la spirale, a destra ritorna instabile e dà origine a stelle più piccole (i punti neri). (Cortesia: D.Stamatellos/A.Whitworth/Cardiff University)

Ma che cosa c’entra tutto questo con la formazione delle piccole stelle della nostra galassia? Il disco di accrescimento presente intorno a una stella giovane non è stabile: al contrario, può essere soggetto a ulteriori frammentazioni, dando origine a nuovi oggetti celesti come nane brune, pianeti e, nel nostro caso, stelle di dimensioni inferiori. Se l’astro principale emettesse radiazione in modo continuo, questa andrebbe a scaldare il disco, stabilizzandolo. Tuttavia, nell’ipotesi di un accrescimento episodico, abbiamo visto che la stella sonnecchia per intervalli di qualche migliaio di anni, durante i quali presenta una luminosità estremamente bassa. Ebbene, proprio durante questi periodi gli altri corpi celesti hanno la possibilità di formarsi.

Finora gli astrofisici non avevano quasi mai tenuto conto di questo modello, nonostante la sua evidente efficacia, nel realizzare la descrizione dell’evoluzione stellare. Il suo interesse, però, è cresciuto enormemente proprio grazie al lavoro di Stamatellos e Whitworth, che sono riusciti nell’intento di sviluppare un metodo per includere gli effetti dell’accrezione episodica nelle simulazioni della formazione degli astri.

Sarà davvero questo il motivo principale per cui si formano le stelle piccole? Lasciamo ai ricercatori il compito di capirlo sulla base di nuove, future osservazioni.

Dimitris Stamatellos, Anthony Whitworth, & David Hubber (2011). The importance of episodic accretion for low-mass star formation The Astrophysical Journal arXiv: 1103.1378v1


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