Tre anni per chiudere il cerchio. Tre anni per ritornare al punto di partenza, lì dove aveva preso forma una delle fasi più gloriose della storia del Genoa nel dopoguerra. Come se nulla fosse accaduto, e invece è successo di tutto e di più: tre anni di azzardi, di scelte sbagliate, di allenatori in parabola discendente e di altri troppo inesperti, il tutto per capire che... chi lascia la strada vecchia per la nuova, male si trova. Gian Piero Gasperini, è notizia di pochi giorni fa, ha riabbracciato il Grifone e i suoi tifosi, molti dei quali sognavano questo momento da quel novembre 2010, da quando il "vate di Grugliasco" fu allontanato dalla panchina rossoblù al culmine di una serie di risultati negativi. All'epoca, lo ammetto, non fui del tutto sfavorevole al cambio di guida tecnica: il rapporto del Gasp con l'ambiente genoano (società e squadra) sembrava essersi logorato, la brillantezza di gioco smarrita per strada, si faticava a far esplodere i valori di una rosa di notevole livello (Rafinha, Veloso, Criscito, Toni, Palacio...), che venne considerata da molti esperti, non a torto, come una potenziale mina vagante delle zone alte della Serie A. CAMBIARE E SBAGLIARE - Nel calcio, spesso, la routine diventa perniciosa, l'entusiasmo e gli stimoli scemano e non si cresce più, anzi, si rischia di tornare indietro. Le ultime partite della prima gestione Gasperini mostrarono sintomi inquietanti, in tal senso: in certe situazioni, occorre avere il coraggio di cambiare, battere strade nuove, cercare di costruire nuovi progetti con nuovi e motivati responsabili tecnici. Insomma, per quanto figura carismatica, per quanto artefice di pagine di assoluto splendore, sia sul piano dello spettacolo sia su quello dei risultati, l'addio a "Gasperson" non sarebbe dovuto essere un dramma, perché nel pallone il detto "dopo di me il diluvio" non ha ragione di essere, se si costruisce con criterio. Ma il Genoa e Preziosi sono stati parecchio sfortunati, oltre che poco acuti nelle scelte: in questi anni, l'unico erede plausibile del grande predecessore è parso Davide Ballardini, per quanto lontano anni luce dalle modalità di espressione calcistica del piemontese. Ma il suo feeling col Joker, nonostante gli obiettivi centrati, non è mai sbocciato, e prima o poi il patron dovrà spiegarci il perché. In mezzo ai due interregni del romagnolo, una pervicacia degna di miglior causa nello "scritturare" gli allenatori sbagliati: trainer in netta decadenza (Malesani, Delneri), altri bruciati verdi e ridimensionati dopo esordi promettenti (Marino). Quest'estate, l'ennesimo salto nel buio: una rosa di tutto rispetto, largamente attrezzata per una salvezza molto più che tranquilla, messa in mano a un coach imberbe, con alle spalle solo un abbozzo di gavetta, portata avanti principalmente nella squadra Allievi del Genoa. LIVERANI IMMATURO - Su Liverani, Note d'Azzurro aveva espresso perplessità fin da quest'estate, considerandolo come il vero fattore di "rischio" per una stagione che, mercato alla mano, si presentava invece foriera di qualche possibile piccola soddisfazione (controllare l'archivio del blog per credere). Però gli si era data giustamente fiducia, perché l'uomo vale e perché, come mi era capitato di dire ad un amico trattando della questione, non è possibile che alle altre società azzardi simili girino sempre bene (penso a Montella per la Fiorentina, ma soprattutto a Diego Lopez per il Cagliari) mentre al Grifo debba sempre dire male.
Invece, nulla da fare: con l'eccezione del derby, vinto a mani basse sulle ali di una impostazione strategica ineccepibile e di una furia agonistica feroce, ma giocato, val la pena sottolinearlo, contro una delle squadre qualitativamente meno dotate della categoria, l'ex centrocampista del Perugia ha mostrato solo grande limitatezza tattica, difficoltà nel leggere le partite, scarsa propensione ad azzeccare subito la formazione giusta e un eccesso di prudenza che aveva pagato nella stracittadina, ma che può andare bene solo in determinate circostanze e non deve diventare un totem immutabile. Contro Livorno e Napoli, ad esempio, pur trattandosi di avversarie totalmente diverse, direi agli antipodi, era doveroso giocare con più coraggio, con più voglia di osare: nel primo caso per abbattere il muro sapientemente issato da Nicola, nel secondo per non farsi schiacciare da una compagine che, se le cedi il pallino, è in grado di travolgerti con una manovra elegante ed efficace (chi ha visto giocare i partenopei col Borussia Dortmund sa a cosa mi riferisco).
SQUADRA ADATTA AL GASP - Ecco: ciò che ha destato rabbia, in questo primo scorcio di stagione, è stato vedere una compagine ricca di talento e di alternative in ogni ruolo giocare col freno a mano tirato, con poca versatilità, con poche idee sul da farsi in campo. Questo Genoa, lo ripeto anche se non tutti ne sono convinti, ha potenzialità indiscutibili. I nazionali Antonelli e Gilardino, un Lodi che per il rendimento mostrato nelle ultime due stagioni meriterebbe una chiamata di Prandelli, uno che del Club Italia ha fatto parte in un passato non troppo remoto (Gamberini), giovani di bellissime speranze (Perin, Bertolacci, Vrsaljko), mestieranti di medio livello da sempre affidabili in categoria (Manfredini, Antonini, Portanova, Matuzalem, Calaiò)...
E' oltretutto una rosa che si adatta perfettamente, credo, alle esigenze del "nuovo - vecchio" mister: esterni in quantità, sia alti che bassi, Lodi che nel cuore della manovra porta lo stesso fosforo ma più classe e più colpi decisivi rispetto a Milanetto, attaccanti propensi a rientrare e a sacrificarsi in un lavoro di spola, un Gilardino che può essere tranquillamente l'alter ego di Milito. Insomma, i presupposti per fare decollare questo misterioso Genoa 2013/14 ai livelli che merita ci sono: dopo l'approccio di Catania, c'è persino la sosta per le qualificazioni mondiali a lavorare a favore del Gasp. A patto che non si culli sugli allori passati e che sappia far tesoro delle amarissime esperienze di Palermo e sopratutto Inter: Milano ha rappresentato la tomba delle sue ambizioni di grandeur, ma il fallimento è stato solo in parte imputabile ai suoi errori. PREZIOSI: ERRORI E RIMEDI - Il Genoa e Gasperini, Gasperini e il Genoa: sembrava un matrimonio perfetto, e dopo la rottura entrambi non hanno più avuto pace, entrambi sono entrati in un tunnel di mediocrità che francamente non era facile prevedere, dopo i fasti del quarto posto in coabitazione (contestata) con la Fiorentina e dell'Europa League. Quando si perdono anni a guardarsi attorno e a sperimentare soluzioni senza battere chiodo, per tornare infine sui propri passi, beh, è pur sempre un'ammissione di sconfitta. Alle sconfitte, purtroppo, da quel novembre 2010 Enrico Preziosi si è abituato e ci ha abituati: ma il joker è anche uno che, dopo anni di diabolica perseveranza, pare stia finalmente imparando a... imparare dai propri errori: le ultime due campagne acquisti (gennaio e luglio - agosto) sono state condotte con raziocinio, e, se la scommessa Liverani è andata male, si è comunque puntato sull'elemento migliore, più adatto e più "pronto" a prenderne il posto in panca. CORSI, RICORSI E... MILANETTO - Riparte da Catania, il Gasp: proprio la trasferta in terra etnea rappresentò uno snodo cruciale della sua prima gestione. La prima di campionato 2008/09, una sconfitta rimediata da un Genoa qualitativo ma spuntato, con Ruben Olivera perno centrale dell'attacco: era un po', quel Grifo, un guerriero senza spada. Quel fiasco aprì gli occhi a tutti: con un terminale offensivo efficace, la squadra poteva decollare. Pochi giorni e arrivò Milito. Altri tempi, ma, senza illusioni, occorre ricordare che sulle ali di un gioco brillante e ficcante si possono superare i limiti tecnici scritti sulla carta: il Genoa attuale, per dire, è nettamente superiore al primo Genoa gasperiniano di Serie A, 2007/08, eppure quel team, dopo un avvio incerto, si assestò su un ottimo rendimento e si mise in salvo con un buon mese di anticipo. Vedremo... Intanto, da annotare come il ritorno dell'allenatore piemontese sia conciso con quello di due suoi califfi dei bei tempi: Juric alla Primavera e Milanetto come osservatore. Soprattutto quest'ultima è una réntrée significativa: uscito pulito dal torbido affare Lazio - Genoa dopo essere stato in carcere e sbattuto in prima pagina dai giornali (ah, la stampa italiana...), ripudiato da una fetta di tifoseria per delitto di... lesa curva (osò contestare con veemenza la Gradinata Nord che, durante lo storico derby di Boselli, puntò il dito contro lui e i compagni accusandoli, in buona sostanza, di non impegnarsi a fondo per mandare in B i cugini), ora si ritaglia nuovamente un angolino nella società a cui tanto ha dato in termini di rendimento sul campo. Lui si è già scusato, e in tempi non sospetti, per quel lontano screzio (scuse dovute per i toni usati, ma, a parer mio, non per la sostanza delle argomentazioni), ora sarebbe il caso che anche i tifosi più intransigenti mettessero per una volta da parte il loro amor proprio e sotterrassero l'ascia di guerra, passando sopra a una vicenda che ha solo provocato un inasprimento del clima in città e nell'ambiente Genoa.