Genoa - juventus: vince un grifo all'italiana. piu' serenita' ma niente illusioni per il futuro

Creato il 30 ottobre 2014 da Carloca
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Ci crediate o meno, la notte prima di Genoa - Juventus ho sognato il giovane Mandragora titolare del Grifone: una piccola follia tattica che nessun addetto ai lavori avrebbe mai concepito, che nessun "esperto", alla vigilia, avrebbe mai potuto attribuire al pur coraggioso mister Gasperini. Un'annotazione personale di scarsissimo interesse, me ne rendo conto (anche per me, che credo poco o nulla alle premonizioni), ma utile a far capire quanto il match coi bianconeri sia ancora sentitissimo dal popolo rossoblù, quasi alla stregua del derby cittadino, nonostante sia una sfida storicamente destinata a regalare poche soddisfazioni alla squadra più antica d'Italia, alla luce della differenza qualitativa quasi costante fra le due compagini. Ne consegue che, le poche volte in cui l'inattesa gioia arriva, in città è festa grande, con caroselli post gara che nulla hanno da invidiare a quelli che seguono un'affermazione sui cugini blucerchiati. GIUSTIZIA - La "gioia" è infine giunta ieri sera, e l'evento ha fatto giustizia di tanti bocconi amari ingoiati nel recente passato al cospetto della Vecchia Signora: sconfitte ingiuste, vuoi per decisioni arbitrali bizzarre (il clamoroso rigore pro Del Piero del 2010 per un fallo commesso ampiamente fuori area) vuoi per le alterne lune di Eupalla, volubile Dea del pallone inventata da Giuan Brera: e la mente va al confronto dell'ultimo campionato, col Genoa superiore alla Juve a Marassi, ma trafitto in extremis da una delle inesorabili punizioni di Pirlo. Oggettivamente, la vittoria sarebbe stata maggiormente meritata in quella circostanza, se non altro per l'atteggiamento propositivo e lo slancio offensivo mostrato dai padroni di casa, capaci di disinnescare, per 89 minuti, la corazzata di Antonio Conte; ma vincere una partita facendo leva soprattutto su di un'ottima impostazione difensiva non è reato, è anzi assolutamente legittimo.
DIFENDERSI E' BELLO - Negli ultimi anni, si è diffusa la convinzione che il vero football sia soltanto quello d'attacco, quello che mira a prevalere sugli avversari segnando un gol in più e non subendone uno in meno, quello giocato sempre e comunque a viso aperto, senza gherminelle tattiche. Beh, sarà senz'altro il modo più affascinante e appagante di interpretare questo sport, ma non l'unico, e in Italia dovremmo saperlo bene: eravamo la patria in cui la capacità di difendersi era diventata un'arte invidiataci da tutto il mondo, e infine largamente imitata anche da Paesi calcisticamente insospettabili. Oggi invece, ci siamo quasi dimenticati di cosa voglia dire coprire, marcare, smontare le trame offensive dei rivali, e fare tutto ciò con pulizia ed efficacia. SOLIDITA' E CARATTERE - Onore al Genoa, dunque, che ha battuto i campioni d'Italia attraverso una mirabile gara di contenimento. Ha rischiato ma ha retto anche nei momenti di più acuta sofferenza (quando è entrato l'imprendibile Morata, ad esempio), mostrando solidità, organizzazione, carattere. E ha colpito nel finale con un'azione da manuale del calcio, il lancio preciso di Bertolacci e la giocata da attaccante di razza di Matri, per il tocco sporco ma vincente di Antonini (che non era "in evidente fuorigioco" come ha sentenziato stanotte il cronista del Tg3 regionale: il terzino era, quasi sicuramente, dietro la linea della palla al momento del passaggio del suo compagno di squadra...). E' stata la classica gara in cui è difficile non elogiare tutti, ma alcune figure sono comunque emerse: un Perin ormai all'altezza del dirimpettaio veterano di ieri, quel Buffon di cui presto o tardi prenderà il posto di titolare in azzurro; un Burdisso sicuro e mestierante come ai bei tempi della Roma e come raramente si è visto finora sotto la Lanterna; un Marchese intraprendente al punto di sfiorare la rete con una volée dalla lunga distanza; un Bertolacci sempre più maturo e autorevole nel mezzo; un Matri che sa cogliere l'attimo anche quando gioca a minutaggio ridotto...I DUE UOMINI DEL MATCH - Ma è chiaro che, senza nulla togliere soprattutto al fenomenale portierino, le grandi figure del match siano state Mandragora e Antonini; ancora non al meglio il golden boy Sturaro, Gasperini ha inserito nella zona nevralgica un altro ragazzino terribile e ne è stato ripagato con una prestazione tutta sostanza, in fase di interdizione. E poi il laterale ex Milan: due settimane fa a spalare il fango dell'alluvione, ieri sera a frenare la corsa scudetto di Madama. Sarà sicuramente azzardato, l'accostamento fra due eventi così lontani nella loro importanza, eppure si parla di cose che sono successe e che sarebbe ipocrita tacere: con Antonini, il calcio ha dimostrato di non essere del tutto estraneo alle tragedie che gli capitano attorno: forzando un po' la mano alla retorica, è stato pertanto giusto che la firma su un successo storico la mettesse proprio lui, professionista esemplare e mai sopra le righe, calciatore "old style" per atteggiamenti e modo di porsi in campo e fuori.
                                                  Perin: sempre sugli scudi                                 
IL FUTURO - Che peso possa avere un'impresa del genere sul prosieguo del campionato rossoblù non è facile prevederlo. Personalmente, eviterei di farmi soverchie illusioni: il valore della squadra è evidente, ed è tale da consentirle una navigazione al riparo dai marosi: il classico torneo "tranquillo e con qualche soddisfazione", come dicevano i giornalisti di un tempo. Battere la capolista può dare slancio ma anche portare a sopravvalutarsi, un rischio concretissimo, quest'ultimo, conoscendo la storica umoralità del sodalizio rossoblù e dei suoi "seguaci" sugli spalti. A tal proposito, tanto si è ricamato sullo sfogo di Gasperini dopo il passo falso con l'Empoli: una partita sottotono di Matri e compagni, certo, ma anche una vittoria, ricordiamolo, trasformatasi in pareggio per via di un gol di mano convalidato ai toscani. Il mister, evidentemente, sentì qualcosa di poco carino nei confronti suoi e dei suoi ragazzi, e ritenne giusto portarlo a conoscenza della pubblica opinione: sbagliò forse solo i tempi, perché pochi giorni dopo la tragedia che aveva colpito la città era forse il caso di tenere bassi i toni. Però è un fatto che attorno al Genoa ci sia sovente un clima eccessivamente ipercritico (con alcune testate locali, cartacee e televisive, in prima fila), così come è innegabile che larghe fasce di tifo non perdonino nulla a giocatori giovani o appena arrivati, anche di elevato valore, mentre si mostrino iperprotettivi con mezze figure prive di talento. Gasp chiedeva solo equilibrio e maggior affetto: dopo la sua paternale sono arrivati due successi consecutivi, quindi almeno all'interno dello spogliatoio il trainer ha ottenuto i risultati che si prefiggeva, rinsaldare il gruppo e dargli la giusta carica agonistica. E' presto per parlare di "effetto Bagnoli", con riferimento al simile sfogo (forse anche più duro) che il mago della Bovisa regalò ai microfoni alla  vigilia del derby del novembre 1990, una partita che, per un breve periodo, cambiò in meglio la storia del Grifone. Altri tempi, altri valori (del Genoa, più forte di quello attuale, e della Serie A, incommensuraiblmente più competitiva rispetto a oggi), ma la nuova compattezza e la consapevolezza createsi in queste settimane sono patrimoni che non vanno dispersi. La vera sfida per il club rossoblù è questa, dopo l'apoteosi di poche ore fa. 

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