Sono rispettoso delle persone morte, esprimo tutto il mio cordoglio ai loro familiari, e vorrei che non fossero finiti così, come topi in gabbia. Però io sto con il torrente, con il Bisagno. Io sto dalla parte di chi è stato violentato e represso, cancellato, e che si riprende il suo spazio. Quel fiume è il simbolo della natura vituperata di questo Paese, fatto a pezzi per costruire palazzi orrendi, per far correre macchine in eccesso, per gratificare della gente distratta, incurante, che ha dimenticato tutto. Io sto col Bisagno, anche e soprattutto perché quasi tutto il mio sangue è genovese.
Il giorno in cui iniziarono i lavori di copertura di quel torrente mio nonno Pietro Cantarella, genovese e marinaio, tornava a casa con la sua sacca sulla spalla. Era sbarcato da poco, qualche mese tra Mediterraneo e Atlantico, e saliva da Caricamento ben felice di tornarsene nel suo. Vide il cantiere e chiese in giro: “Ma che fate?”. Mia madre ricorda che entrò a casa col muso lungo: “Questi sono pazzi. Succederà qualcosa di grosso”. Anche mio padre ricorda bene il torrente Bisagno: “Da ragazzo ci passavo accanto, e guardavo giù. E’ in mezzo alla città. Era largo, con gli argini bassi, e sempre pieno di verde. Dentro c’era poca acqua. Poi veniva giù la piena e si portava via tutto fino alla Foce”. Andava così.
Quel torrente stagionale, silente per gran parte del tempo e tumultuoso quando serviva, è stato coperto. Non solo, l’hanno anche riempito di palazzi. Uno di essi prima o poi verrà giù e allora i morti saranno duecentosette, non solo quelli di ieri. Però quello era e resterà sempre un torrente, non un essere cattivo e sadico, che rincorre gli uomini per affogarli. Un torrente. Cioè l’alveo periodico dove le piogge che calano dalle valli alte possono, devono scorrere a mare. La Liguria è fatta così. La Terra è fatta così.
Chi ha coperto di cemento quel rio sapeva bene cosa si rischiava. Non l’ha coperto per uccidere qualcuno o per danneggiare qualcun altro, ma sapeva quel che poteva avvenire. Quando uno “vuole cagionare alla vittima l’evento minore (una lesione o una percossa), ma ottiene, per via di un comportamento colposo, la morte della stessa” si chiama omicidio preterintenzionale. E sul filo di questa ipotesi di reato il GIP deve indagare, tutti gli amministratori del territorio, dal comune alla Provincia, alla Regione, al Governo. Tutti. L’accusa è omicidio e danneggiamento. Come da me, in Val di Vara, come nella Valle del Magra, a Vernazza, qualche giorno fa.
Oggi come ieri, io non sto con gli assassini. Io sto col Bisagno. Voglio fare delle magliette, con questa scritta.
SIMONE PEROTTI
FONTE : http://www.cadoinpiedi.it/2011/11/05/genova_la_tragedia_e_le_colpe.html#anchor
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