Il fatto è che non siamo in grado di attenuare l’esodo, favorito dagli stessi schiavisti internazionali che con tanta efficacia intendono ridurre gli stessi cittadini in condizione di clandestinità dei diritti per procurarsi mano d’opera a bassissimo costo nell’immediato e in prospettiva. Non lo siamo anche perché non abbiamo mai avuto da almeno 40 anni una politica mediterranea coerente, seria, autonoma, ci siamo limitati a seguire altri nelle loro logiche e nelle loro avventure peraltro spesso contrarie ai nostri interessi o a fare effimeri accordi con tirannelli petroliferi e ambigui regimi. Così spendiamo un miliardo l’anno (cifra reale per difetto) per fare gli ascari degli Usa in Afganistan e non badiamo per nulla alle porte di casa, salvo aggregarci come camerieri alle guerricciole umanitarie, persino quelle architettate dai mangia lumache in astinenza da grandeur, desiderosi di nascondere la subalternità alla Germania realizzatasi grazie al volenteroso beneplacito delle loro classi dirigenti.
Del resto chi la doveva fare questa politica? Forse i sudaticci democristiani che speravano di tradurre l’ambiguità in una politica o i tangentari craxiani o i dipendenti a cottimo di Arcore? Con assoluta tristezza va detto che la politica italiana nel mediterraneo è finita con Enrico Mattei, il grande corruttore. E di certo una nuova strategia non può venire dai Letta e dai Napolitano che si sono fatti garanti dell’impoverimento del lavoro a cui le correnti migratorie portano braccia e alibi. Men che meno dai Berlusconi, dai Maroni e a quanto pare anche dai Grillo epigoni di decenni di colferaggio a cui però in casa piace far finta di avere i pantaloni. Questa è gente da cavalli di frisia, gente da bagnasciuga.