“Se stessi a un matrimonio con un vestito bianco e piombasse un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci”.
D.A.Maradona
Dopo una terza Liga Gento dominò ancora in Europa e trovò la gioia di realizzare un gol pure in finale. Il 30 maggio ’57 al proprio stadio, il Bernabeu, davanti a 124 mila spettatori fu la sorpresa Fiorentina di Bernardini la vittima sacrificale dei blancos che vinsero 2-0 con un rigore di Di Stefano ed una rete dello stesso Francisco che portò Madrid in cima a tutto il calcio. E neppure un mese dopo i blancos acciuffarono anche l’ultima Coppa Latina della storia battendo il Benfica 1-0. Un anno straordinario quello di Gento la cui fascia sinistra era come se fosse un autostrada vuota, senza alcun ostacolo. Da ricordare che la Coppa Intercontinentale nascerà tre anni dopo, chissà quante ne avrebbe vinte il nostro Paco! L’anno dopo, nel ’58, il Real Madrid fu affidato alle redini di Carniglia ed un innesto killer, quello del vecchio avversario Kopa (clicca qui per leggere la sua storia), diede più qualità alla squadra spagnola, attributi che già erano elevatissimi. Una seconda Liga consecutiva, nonché la quarta per Francisco e un’altra Coppa Campioni. Nell’Heysel di Bruxelles, il 28 maggio ’58 fu il Milan di Schiaffino e Liedholm a trovar infausta sorte (dopo quella in semifinale 2 anni prima sempre contro i blancos) anche se fino ai tempi supplementari resistette alla grande. I rossoneri grazie al gioiello uruguaiano ed a Grillo tennero fra i denti il 2-2 ma qualcuno da lassù disse a Gento, al 2° minuto del 2° tempo supplementare “Vai e segna” e lui non potè far altro che realizzare un altro gol in una finale, forse la rete più importante per grazie al suo 3-2 il Real vinse una difficile gara. Nulla importava, Gento, Di Stefano e Kopa (che triumvirato!) illuminarono la notte belga e tutta Madrid come se nelle gambe avessero 6 quasar. Gento era sempre più un re del centrocampo, un’ala originalissima nel calcio degli anni ’50, un ala che se fosse stata affiancata mettiamo da un certo Garrincha avrebbe formato la più grande aquila del calcio.
Ma la storia è bella perché non segue mai una linea voluta. Voluta invece fu per Gento e soci una ennesima Coppa Campioni il 3 giugno ’59 al Neckarstadion di Stoccarda contro lo Stade de Reims (unica squadra francese assieme all’Olimpique di Marsiglia ad aver presenziato a due finale di Coppa Campioni) dove militava un certo Just Fontaine (clicca qui per leggere la sua storia), goleador di razza che l’anno prima aveva realizzato ben 13 gol al mondiale di Cile ’58 (record tutt’oggi imbattuto).
Nel ’62, nella finale di coppa, il Benfica di Eusebio (clicca qui per leggere la sua storia) schiacciò il Real con un netto 5-3 ad Amsterdam e nel ’64 a Vienna toccò all’armata neroazzurra di Herrera ad umiliare i blancos con un micidiale 3-1. I giocatori invecchiano, si sa. Di Stefano, Puskas, Mateos ormai sono un ricordo indelebile per i tifosi del Real Madrid. Alla guida vera da perfetto capitano era rimasto solo Gento. E da capitano vinse la sesta ed ultima Coppa Campioni ancora a Bruxelles (11 maggio ’66), questa volta contro il Partizan Belgrado per 2-1 sotto la guida di Munoz (già allenatore blanco nella finale di Glasgow).
Trascinatore di rara eleganza che ancora una volta si mise la squadra in spalla, proprio come 2 anni prima quando portò la sua nazionale spagnola alla fase finale degli Europei del ’64 dove vinse poi contro l’Urss di Yashin (Gento non giocò né la semifinale né la finale). Stesso anno una sconfitta nella finale di Coppa Intercontinentale contro il Penarol (2-0 all’andata e 2-0 al ritorno) sancì la fine delle vittorie in Europa e nel mondo del Real Madrid e dello stesso Paco, che dominò ancora in Liga (dal ’67 al ’69) ed una seconda Coppa di Spagna nel ’70 con un 3-1 al Valencia (allora Copa del Generalisimo, in onore di Franco, nome poi cambiato in Copa del Rey dal ’76), concluse la sua straordinaria carriera l’anno successivo, nel ’71, decennio nuovo che vide altre squadre dominare l’Europa, l’Ajax di Crujiff, Haan e Krol (clicca qui per leggere la sua storia) e il Bayern di Monaco di Beckenbauer e Muller (clicca qui per leggere la sua storia). Un altro calcio, più veloce e moderno, più a colori, non così bianco e nero come quello suo e dei suoi compagni Puskas, Kopa, Di Stefano. The time are changing cantava Bob Dylan, i tempi cambiano. Ma sembra che l’eleganza di Francisco Gento Lopez sia rimasta immutata nel tempo come una scultura di diamante.
15 anni passati in Coppa Campioni (secondo solo a Giggs che ne ha presenziati 18) ed 8 finali (come Maldini), 30° assieme a Fontaine nella classifica IFFHS dei più grandi calciatori del Novecento. Troppe, tante cose sarebbero da dire su Gento ma racchiudiamole in una sola parole: leggenda.