L’agricoltura biologica è un settore dell’agricoltura che da qualche anno riceve sempre maggiore attenzione in Europa e sopratutto in Italia, dove l’alimentazione è da sempre un valore importante ed il “biologico” non ha mai smesso di esistere
di aldopalmisano
Parliamo d’Italia: nonostante l’agricoltura produca una parte sempre più piccola del PIL (3,7% nel 2002, 2,6% nel 2010), essa è responsabile della nutrizione di tutto il Paese e per questo ricopre un ruolo delicato che spesso è fonte di contrasti in sede nazionale ed europea.
Coltura intensiva e coltura biologica non sono solo i nomi con cui facciamo riferimento a due modalità per ottenere i frutti che la Terra ci dona, esse infatti stanno pian piano conducendo i cittadini verso un vero e proprio bivio da dove è possibile incominciare due percorsi sostanzialmente diversi.
L’agricoltura intensiva si è sviluppata per fronteggiare il costante aumento della domanda alimentare senza provocare un aumento dei prezzi dei prodotti; essa utilizza i più moderni metodi, le migliori attrezzature e sementi selezionate. Nei paesi più industrializzati l’agricoltura intensiva ha superato le 3 tonnellate di frumento per ettaro e le 13 di mais.
Tralasciando il discorso sulla ipernutrizione (a cui abbiamo accennato in un breve articolo) e le numerose implicazioni che derivano dall’agricoltura ma non hanno fini alimentari (biomasse combustibili, acquisto di terreni incoltivati come investimento sicuro per i risparmi) è importante considerare gli sprechi che nella filiera sono arrivati fino al 30% della produzione complessiva. In termini di numeri essi, seppur con i limiti del trasporto, potrebbero potenzialmente risolvere il problema della denutrizione nei paesi in via di sviluppo.
E’ ovvio che è impossibile cercare di garantire l’offerta adeguata alla richiesta, poichè la domanda continua a salire ad un ritmo insostenibile pur non riguardando l’effettiva sussitenza della popolazione.
Tutto ciò implica un abuso della risorsa suolo, un inquinamento delle falde acquifere e altre conseguenze oramai dimostrate dalle ricerche scientifiche.
I canoni della (nuova) agricoltura biologica li conosciamo tutti: al centro della produzione vi è il rispetto per le biodiversità e per la salute del consumatore; essa è prima di tutto un’agricoltura sostenibile ed etica. (v. sito IDAIC)
Essa è al centro delle attenzioni europee dal 1991 quando una prima regolamentazione ha cercato di definire i canoni che descrivevano il riferimento a questa etichetta.Ma proprio la nascita di una nuova etichetta, un nuovo business, ha tagliato fuori la parte migliore del settore, le piccole (e piccolissime) imprese: le certificazioni richieste nonchè le normative a cui sottostare, se da una parte garantiscono il rispetto delle norme igienico-sanitarie necessarie, dall’altra richiedono una spesa economica eccessivamente alta per le imprese di cui spesso fanno parte poche anime e pochi ettari.
“Genuino Clandestino” è una campagna nata dalle necessità di queste piccole produzioni che dopo essere state tagliate fuori dal mercato, rivendicavano la possibilità di vendere direttamente al consumatore i propri prodotti a prezzi convenienti riducendo drasticamente la filiera distributiva. Poter trovare personalmente tutte le settimane nel proprio mercato i piccoli produttori ed avere la possibilità di andare direttamente sul posto a vedere come l’azienda lavora, permette al consumatore di acquistare senza timori i prodotti presenti sul banco vendita privi delle certificazioni. La cosiddetta autocertificazione biologica è da tempo considerata anche nella legislazione CE ma non è mai stata recepita dallo stato italiano creando una vacatio legis non molto chiara in un momento in cui il settore agroalimentare in Italia è in piena espansione creativa.
Nell’attesa di una maggiore chiarezza da parte degli organi legislativi sull’agricoltura biologica per le piccolissime aziende, l’auspicio è di diventare dei consumatori più critici: scegliendo solo frutta e verdura di stagione, acquistando quando è possibile dai piccoli distributori piuttosto che dai supermercati, informandosi sui Gruppi di Acquisto Solidali, cercando di capire che Genuino e Clandestino in un mondo normale non hanno ragione di essere due parole vicine tra loro.
Siamo italiani e con il cibo - almeno con quello – ci scherziamo poco.