Ma libro di memoria, appunto, non di memorie: carta moschicida del ricordo, Valerio Magrelli indaga la metamorfosi di una relazionalità immanente, la sua è una topografia esistenziale, una mappa in 83 tratti (83, come gli anni di vita del padre Giacinto, progettista sui generis di architetture che faticano a uscire dalla carta per diventare realtà). Il decesso è protagonista di questo ritratto della paternità, anche quando lo si vede - senza nessun accento mistico di sorta - quale forma di palingenesi (come nel viscerale capitolo 15, dove l'abbandono del corpo è la nascita definitiva in un'altra vita, chissà, nel mondo eterno). È oltre la morte che si apprezza l'esistenza, che la si può sfogliare come un album di disegni (molto belli quelli riprodotti nelle prime pagine e in copertina) o di fotografie, dove si spera di riconoscere ancora qualcuno, dopo tanto tempo. Perché la vita segna, segna sempre:
È questo, ora capisco!, il motivo di quella sensazione così diffusa che ci fa dire: "Ho sessant'anni eppure mi sento ancora giovane". In verità, noi SIAMO rimasti giovani, perché le giornate, i mesi divorati dalla Grande Colata Quotidiana, non possono produrre esperienza, ossia non ci fanno crescere, ma soltanto invecchiare. [...] Il corpo, certo, muta e si corrompe, ma senza che la nostra Vita cresca con lui. (pp. 42-43)
Geologia, dunque scavo continuo, speleologia e non solo scoperta, direi scavo oltre la scoperta. Dallo zenit dell'ammirazione filiale per l'insofferenza del padre a ogni oltraggio, al nadir della Noia (un materiale. È un tipo di velluto, feltro o fustagno. È stoffa, è panno, è la mia vita morta) e della salmodia domenicale dei risultati calcistici alla radio, il nuovo libro di Valerio Magrelli non concede nulla allo spleen del facile dolorismo o della commozione a ogni costo. La scrittura è virile, tersa, rapida, inventiva, vocata alla modernità: si spogliano i concetti degli abiti più vieti e li si riveste di immagini immediate. La morte è tale perché va attraversata: non come una galleria museale, ma come un viale di costruzioni, con tutte quelle storie dentro, di chi le progetta e di chi le vive.