A Ernst Balcke*
Una vecchia barca, nel porto spento
a sera sulla catena oscilla.
Gli amanti sopiti dopo i baci.
Una pietra che a verdi sorgenti nel fondo riposa.
Lo smarrimento di Pizia simile al sonno
che gl’implacabili dèi dopo il banchetto prende.
La pallida candela che sfuma il morto.
Creste di nubi su una valle.
Di uno stolto il riso fatto pietra.
Le coppe impolverate dove ancora vaga l’aroma.
Violini spezzati nell’abbandono dei solai.
L’aria fiacca prima del temporale.
Una vela che all’orizzonte balena.
La flagranza della macchia che le api attira.
L’oro dell’autunno e le foglie incoronate e il tronco.
Il poeta, che sente la follia di chi non l’ama.
* “L’amico col quale il poeta morì il 16 gennaio 1912, mentre pattinavano sull’Havel ghiacciato. Balcke cadde per primo. Heym annegò nel tentativo di soccorrerlo. Trascorsero interminabili minuti prima che sopraggiungesse la morte, nei quali il poeta gridò a squarciagola per attirare l’attenzione dei passanti. Riportiamo un sogno fatto da Heym un anno e mezzo prima dell’incidente: «Mi trovavo su un grande lago interamente coperto di lastre di pietra. A un tratto sentivo che le lastre cedevano ma io non affondavo. Proseguii ancora un momento e allora realizzai che potevo cadere. In quello stesso istante mi ritrovai in un’acqua verde e melmosa, piena di rampicanti. Non mi detti per vinto e iniziai a nuotare. Come per miracolo la riva lontana si fece sempre più vicina. Con poche bracciate approdai sulla sabbia di un’assolata insenatura».”
Georg Heym, Ci invitarono i cortili (Via del Vento 2011), a cura e traduzione di Claudia Ciardi. con un particolare ringraziamento a Fabrizio Zollo per avermi donato il presente volume.