La prima idea, il ritrovamento di alcuni cuccioli di lupo dopo una nevicata estiva, è del 1991. Martin aveva scritto quel capitolo, e poi i successivi, quasi di getto, prima di fermarsi, riorganizzare il tutto e ripartire. All’inizio aveva affiancato alla scrittura del romanzo l’attività di sceneggiatore, all’epoca sperava di riuscire a realizzare una serie televisiva intitolata Doorways, e solo dopo il fallimento del progetto si sarebbe dedicato a tempo pieno alla saga. Chi si lamenta che Martin è lento a scrivere fa un’affermazione vera ma dimentica che anche per il primo romanzo lo scrittore aveva avuto bisogno di cinque anni fra il momento della prima idea e quello della pubblicazione del primo romanzo. Lui è sempre stato lento a scrivere, non è che lo è diventato negli ultimi tempi.
Il progetto iniziale era quello di una trilogia, questo lo abbiamo sempre saputo, così come è nota l’affermazione di Martin che la storia è cresciuta mentre lui la narrava. Ma quanto, e come, è cresciuta? Alcune cose possono essere intuite dalla lettera.
“Quando sarà finito questo diventerà il primo volume di quella che prevedo sarà una trilogia di fantasy epico il cui titolo generale è A Song of Ice and Fire.
Come sai, io non preparo una scaletta per i miei romanzi. Sento che se so esattamente dove il libro si sta dirigendo io perdo ogni interesse nello scriverlo. Ho però alcune idee molto forti riguardo all’intera struttura della storia che sto narrando, e al fato ultimo di molti dei protagonisti del mio dramma.”
“Parlando a grandi linee, ci sono tre conflitti principali messi in moto nei capitoli che ho allegato. Questi costituiranno la trama principale delle storie che si intersecano nella trilogia, intrecciate l’una nell’altra in un modo che dovrebbe essere complesso ma eccitante.”
Le foto della lettera presentano dei fastidiosi riflessi che impediscono la lettura di alcune parole, si capisce comunque che lo scrittore paragona la sua opera a un arazzo in cui ogni filo è legato strettamente agli altri per formare un unico disegno. Martin parla esplicitamente di Sette Regni, perciò l’idea del continente di Westeros come lo conosciamo c’era già, anche se in seguito si sarebbe scherzosamente lamentato della complessità della sua storia che gli stava rendendo la scrittura terribilmente complicata e avrebbe affermato che non erano davvero necessari sette regni ma che avrebbe potuto accontentarsi anche di quattro o cinque. Evidentemente lo scrittore ha fatto propria la lezione di Anton Cechov secondo cui se un fucile compare in scena all’inizio di un’opera teatrale, prima della fine quel fucile sparerà. Se il suo continente ha Sette Regni deve essergli parso normale che a un certo punto i membri delle altre casate decidessero di entrare nel gioco del trono anche se nella lettera Martin non parlava di case ora familiari ai lettori come Baratheon (al di là di Robert e Joffrey), Tyrell, Martell e Greyjoy. Quella che nella versione della saga che noi conosciamo è diventata la guerra dei cinque re (il nome compare nella saga anche se Renly è stato ucciso prima che Balon reclamasse una corona, perciò al massimo ci sono stati contemporaneamente in vita quattro re) qui appare come un come un più ristretto conflitto fra Stark e Lannister.
“La prima minaccia nasce dall’inimicizia fra le grandi case dei Lannister e degli Stark ed è giocata in un ciclo di trama, controtrama, ambizione, omicidio, vendetta, con il trono di spade dei Sette Regni come obiettivo ultimo. Questo formerà l’ossatura del primo volume della trilogia, A Game of Thrones.
Mentre il leone dei Lannister e il meta-lupo degli Stark ringhiano e distruggono, tuttavia, una seconda e più grande minaccia prende forma dall’altro lato del Mare Stretto, dove i signori dei cavalli Dothraki riuniscono le loro barbariche orde in vista di una grande invasione dei Sette Regni, guidati dalla fiera e bella Daenerys Nata dalla tempesta, l’ultima dei signori dei draghi Targaryen. L’invasione Dothraki costituirà il fulcro del mio secondo romanzo, A Dance with Dragons.”
“Il pericolo più grande di tutti, tuttavia, viene dal nord, dalle terre ghiacciate oltre la Barriera, dove semi dimenticati demoni usciti dalle leggende, gli inumani Estranei, uniscono fredde legioni di non-morti e mai nati e si preparano a cavalcare verso sud sui venti dell’inverno per estinguere tutto ciò che noi chiamiamo “vita”. La sola cosa che si erge fra i Sette Regni e la notte senza fine è la Barriera, e una manciata di uomini in nero chiamati Guardiani della notte. La loro storia sarà il cuore del mio terzo volume, The Winds of Winter. La battaglia finale riunirà anche i personaggi e le trame dei primi due volumi per risolverli tutti in un unico enorme climax.”
Questi ovviamente sono eventi che ancora non abbiamo visto, anche se non è mai stato difficile immaginare che a un certo punto la storia sarebbe dovuta arrivare al confronto fra esseri umani ed Estranei. Piuttosto la percezione dei lettori è che ci sia voluto troppo tempo visto che gli Estranei fanno la loro prima comparsa nel prologo di Il Trono di spade, ma secondo la struttura originaria il conflitto sarebbe dovuto esplodere nel terzo romanzo e non nel sesto, come probabilmente avverrà. La dilatazione dei tempi è uno degli effetti imprevisti che Martin ha dovuto affrontare nel momento in cui la sua storia è diventata più articolata rispetto al progetto iniziale. Con questa tripartizione i titoli diventano molto chiari: A Game of Thrones è la lotta per il trono fra Lannister e Stark, A Dance with Dragons il ritorno di Daenerys con i suoi draghi e The Winds of Winter la battaglia con gli Estranei.
La nota successiva riguarda lo stile.
“I tredici capitoli che ti ho inviato dovrebbero mostrarti quale sia la mia strategia narrativa. Tutti e tre i libri presenteranno un complesso mosaico di punti di vista interconnessi fra loro nel mio ampio e diversificato cast di protagonisti. I protagonisti non rimarranno sempre gli stessi. Vecchi personaggi moriranno e nuovi faranno la loro apparizione. Alcune delle disgrazie capiteranno ai personaggi simpatici. Io voglio che il lettore senta che nessuno è completamente al sicuro, nemmeno i personaggi che sembrano essere gli eroi. La suspense sale sempre di una tacca quando sai che ciascun personaggio può morire in qualsiasi momento.”
Posto che il prologo è stato scritto molto tempo dopo, i tredici capitoli citati da Martin dovrebbero essere i primi due di Bran, Catelyn, Daenerys, Eddard, Jon, il primo di Arya e concludersi con il secondo di Tyrion. Anche se è vero che mentre sta scrivendo i libri George cambia spesso l’ordine dei capitoli per cercare di creare una struttura più drammatica, all’inizio della saga i protagonisti — con la sola eccezione di Daenerys — si trovano tutti riuniti in un unico luogo, perciò all’epoca un’inversione dei capitoli non era possibile. La storia di Daenerys si fermava al momento del suo matrimonio, quella di Ned al momento del suo viaggio verso sud con tanto di conversazione sulla rivolta contro i Targaryen e la morte di Lyanna, Bran era ancora privo di sensi a grande Inverno e Tyrion e Jon in viaggio verso la Barriera, con il futuro guardiano della notte che aveva appena scoperto la verità sui suoi confratelli. Quanto al fatto che nessuno può ritenersi completamente al sicuro i lettori lo hanno capito da un pezzo, ed è un punto su cui George ha sempre insistito nelle sue interviste. Quella che ha subito cambiamenti è la modalità della morte di alcuni personaggi, che è diventata molto più drammatica e convincente nel corso del tempo. Ma di questo parlerò domani.