Buon compleanno Raffaello! Ormai l’ho imparato, ti chiami come il grande Urbinate, e non Raffaele come qualche volta ho scritto. Del resto, se tu ti firmi Raf è facile cadere in errore. E visto che agli scorsi DelosDays mi hai detto di aver particolarmente gradito il mio pezzo su San Giorgio e il drago di Paolo Uccello, eccomi qui a parlarti ancora di arte. No, non scappare, guarda che ci sono davvero cose che ti interessano. Intanto ti ricordo che la data ufficiale di pubblicazione di I guerrieri del ghiaccio di George R.R. Martin è domani, ma che il volume è disponibile già da oggi nelle librerie Mondadori. E poi lo sai che il secondo volume, che probabilmente uscirà nel primo trimestre del 2012, dovrebbe intitolarsi I fuochi di Valyria?
Domani su FantasyMagazine uscirà un mio articolo su Martin, nel quale ripercorrerò rapidamente la storia di George e della pubblicazione di A Dance with Dragons – parte che ho già scritto – e parlerò in maniera più specifica dei Guerrieri del ghiaccio, parte che – al momento in cui sto scrivendo queste parole – devo ancora scrivere perché ancora non ho visto il libro.
L’opera che gli ha dato una straordinaria notorietà è la decorazione delle stanze di Giulio II in Vaticano. Per questi affreschi, iniziati nel 1508 e protratti per alcuni anni, Raffaello avrebbe dovuto essere affiancato da altri artisti ma il papa, incantato dalla sua straordinaria abilità, decise presto di distruggere quanto eseguito dagli altri per lasciare tutto il lavoro sulle spalle del giovane artista. La prima stanza a essere completata è stata la Stanza della Segnatura, utilizzata come tribunale della Santa Sede. Gli affreschi più importanti, eseguiti sulle pareti, sono la Disputa del Sacramento, la Scuola di Atene e il Parnaso. Ci sei ancora Raf? Guarda che poi ti interrogo!
Tralasciamo gli altri e pensiamo alla Scuola di Atene. Giulio Carlo Argan nel terzo volume della sua Storia dell’arte italiana ha scritto che “rappresenta la sapienza antica. Non v’è paesaggio perché la natura è rivelazione; v’è una solenne architettura, perché la sapienza antica è tutta una costruzione del pensiero umano. Le persone sono concepite nella scala dell’architettura, monumentali. V’è soltanto una prospettiva, lungo l’asse mediano: è la prospettiva razionale, che corrisponde alla «logica» che, non essendovi rivelazione, è l’unica guida del pensiero.”
Il linguaggio di Argan non è semplice, e anche se scrive cose interessanti capirlo richiede un certo sforzo. Comunque il titolo con cui conosciamo l’opera è molto successivo rispetto alla data di esecuzione, quindi non siamo certi se sia una raffigurazione della storia del pensiero antico, delle arti liberali o di qualcos’altro. Quello che è certo è che in un’ampia architettura sono raffigurati filosofi dell’antichità con il volto di personaggi moderni. Scherzando si potrebbe dire che i volti sono quelli delle nuove incarnazioni delle anime degli antichi pensatori. Un po’ come Rand al’Thor è la reincarnazione dell’anima di Lews Therin Telamon. E Rand giganteggia sulla sua terra, Randland. Raffaello e Robert Jordan, con soggetti diversi e ciascuno secondo la sua modalità, in fondo hanno fatto la stessa cosa: hanno preso un personaggio noto e gli hanno dato una nuova vita e una nuova identità. E non solo Rand al’Thor è legato a Lews Therin, ma lo è pure a Thor, il dio norreno del tuono e del lampo (e con saidin Rand non se la cava per niente male a fare tuoni e lampi, come ben sa chi ha letto La lama dei sogni) e ad Artù, visto che per essere riconosciuto come il Drago ha dovuto impugnare Callandor/Excalibur, the sword in the stone, cioè la Spada nella roccia (o nella Pietra, come dice un’infelice traduzione italiana).
Perciò Platone nel dipinto di Raffaello ha il volto di Leonardo da Vinci, anche se le spiegazioni che stanno alla base di questo e degli altri accostamenti le lascio agli storici dell’arte, Aristotele quello di Bastiano da Sangallo, Euclide (o Archimede) quello di Bramante, Zoroastro quello di Baldassarre Castiglione, Apelle quello dello stesso Raffaello ed Eraclito l’Oscuro quello di Michelangelo Buonarroti. E Mat Cauthon ha più di un tratto in comune con Odino, a partire da Pensiero e Memoria, i corvi – raffigurati sulla sua ashandarei – che da sempre accompagnano il dio della guerra impiccato per la conoscenza. Ricorda nulla il detteglio dell’impiccato? Towers of Midnight, che arriverà in Italia in gennaio con il titolo Le torri di mezzanotte, spinge l’affinità ancora più oltre, anche se bisogna riconoscere che i primi indizi in tal senso Jordan li aveva già dati ne L’occhio del Mondo.
Noi non siamo mai solo ciò che possiamo sembrare a prima vista, e questo ben lo sapevano sia Raffaello Sanzio che Robert Jordan. E accostarsi all’arte, che sia figurativa o che sia una lunga sequenza di parole scritte, arricchisce enormemente la vita di chi lo fa. Buona lettura!