Gérard Garouste: figlio-pittore-pazzo

Creato il 25 agosto 2015 da Sara
Per dire il vero non avevo alcuna intenzione di andare a vedere alla Fondazione Maeght l'esposizione di quest'estate 2015 dedicata al pittore Gérard Garouste. Un artista a me sconosciuto e l'unica sua creazione, che mi era sembrata misteriosa, l'avevo vista mesi fa a Parigi  allo spazio Baccarat (http://www.saranathan.it/2014/06/parigi-art-is-good-for-you.html). Poi l'amica Michelle, la gallerista francese con cui collaboro da molti anni per la versione italiana del suo sito, (http://www.mchampetier.com/) mi suggerisce di leggere assolutamente l'autobiografia che Garouste ha pubblicato nel 2009 "L'intranquille. Autoportrait d'un fils, d'un peintre, d'un fou" . -Interessanti- mi dice- troverai il libro e il personaggio molto interessanti- e aveva perfettamente ragione, ho divorato le pagine tutto d'un fiato ed è divenuto indispensabile andare a vedere la mostra.
Con il libro in mano, tento l'analisi delle singole tessere di questo autoritratto così singolare. "L'Intranquille" per cominciare, un neologismo sia in francese che in italiano, per dire di un uomo irrequieto, senza pace interiore, sempre in cammino, sempre in ricerca, condizione dolorosa dell'essere umano eppure necessaria per un percorso di crescita, per diventare autenticamente quello che si è nel profondo. Mai chiedere la strada a chi la sa, si rischierebbe di non smarrirsi, bisogna invece perdersi nella "selva oscura" per ritrovare poi una propria strada percorribile, per raggiungere un qualche spiraglio di luce nel marasma dell'esistenza. Ce lo insegna Dante nel suo percorso iniziatico e ce lo ricorda Rabbi Nachman di  Breslav, uno dei più grandi Maestri chassidici. Questa frase è posta all'ingresso della mostra e la dice lunga sul tormentato cammino di Garouste, l'Intranquille.

La fôret obscure   1986- 87

                                 

Phlégyas, Dante et Virgile   1986

Caved    2007

"Autoportrait d'un fils..." Difficile essere genitori e altrettanto essere figli. La figura del padre autoritario dalle certezze granitiche in tutti i campi che intrattiene un rapporto di amore sado-maso con la madre, che suscita terrore nel giovane Gérard, che professa regolarmente propositi antisemiti, che, come mercante di mobili, si è arricchito durante la guerra recuperando e rivendendo i beni degli ebrei spoliati e deportati, è il grande nodo primario dell'artista.  Garouste sarà presente al suo funerale "senza lacrime" dopo tre anni che non lo vedeva: "Je n'étais pas venu depuis trois ans. La dernière fois, ou l'avant dernière, nous nous étions battus. Je suis donc arrivé sans larmes". Ai suoi due figli Garouste tiene a dire che in tempo di guerra spuntano eroi e mascalzoni e che il loro nonno faceva parte della seconda categoria: "Il n'avait pas pu faire héros. Alors il avait fait salaud". E secondo la frequente logica dei figli, per liberarsi da pregiudizi e condizionamenti, da segreti e menzogne dell'educazione ricevuta  Garouste percorrerà un cammino opposto a quello tracciatogli dal padre: sarà pessimo allievo a scuola, farà il pittore e non il rivenditore di mobili, si sposerà con una ragazza ebrea, si metterà a studiare la Bibbia, l'ebraico, la cabala, seguirà dei nuovi maestri di vita che gli insegneranno che non esistono le certezze definitive: "Ils font de la Torah, que les chrétiens appellent Ancien Testament, un vieux cours d'eau qui parcourt et caresse le monde sans jamais rien lui imposer". Caved in ebraico significa "onorare", ma nella radice della parola è compreso anche il significato di "pesante" ciò che apre nuove possibilità interpretative al comandamento di onorare il padre la madre invitando a considerare anche il peso che i genitori possono rappresentare. Quadro chiaramente autobiografico, nella tela le figure sono sottosopra, i corpi scomposti, il conflitto evidente, la violenza altrettanto. "Il m'aura fallu du chemin, un long apprentissage pour abattre tous les murs, tous les fondements de la maison où j'avais grandi et trouver enfin quelque chose de beau dans les gravats...."

"Autoportrait d'un peintre..." In grande difficoltà scolastica, ma non in disegno, una passione da subito: "Je ne savais que dessiner. Depuis tout petit, j'étais le dessinateur de ma classe......Quand sonnait l'heure du dessin, envolés le bonnet d'âne, les sarcasmes,les complexes, je jubilais, j'existais. Et je voulais faire toujours mieux, toujours plus". Garouste si iscrive inizialmente come auditore libero alla Scuola del Louvre perché sente che per lui nell'arte ci sarà una via d'uscita, che la sua forza sta in fondo alle sue dita "la peinture c'est le prolongement de la pensée par les mains." E cosa creare dopo un Picasso che "è la pittura stessa e la sua espressione ultima", dopo Marcel Duchamp, "punto finale della rivoluzione dell'arte", si interroga Garouste. "...Il restait tant de choses à faire et à dire. J'étais comme le pianiste, quatre-vingt-huit touches sous les doigts et pourtant une musique infinie.....Moi si je peins parfois de très grandes mains, pleines de doigts, c'est un hommage que je leur rends. Tant qu'il y aura des mains, il y aura des dessins d'enfants et des tableaux". E Garouste ama gli enigmi che distribuisce generosamente sulle sue tele, ama cercare le chiavi di quegli enigmi, ama Don Chisciotte che "nasconde verità profonde dietro la pazzia e l'humour", Un giorno dice all'analista che è stufo dell'eleganza e della bella pittura, vorrebbe fare qualcosa di cattivo gusto, di non accademico, "Faites de la peinture laide" gli viene allora suggerito. Garouste diffida della bellezza: "Mais je me méfie de la beauté, c'est du bluff, une manipulation qui peut laisser totalement passif celui qui le regarde. Je préfère lui suggérer une question... 


Tour de passe-passe (autoportrait)  2002

Dérive  2010
"Autoportrait d'un fou..." E poi, altro fondamentale tassello del suo puzzle,  le improvvise crisi di pazzia, la prima a 28 anni: "Le délire c'est une fuite, une peur très grande d'être au monde, alors, on préfère se croire mort, tout puissant, ou juste un enfant"... "Vivre était tout simplement au délà de mes forces"... "Le délire c'est une manière de se jeter dans le vide quand on a peur du vide"... E' Garouste stesso che spiega in un'intervista all'Express la sua malattia e il quadro "Chartres": "Je suis atteint d'une maladie maniaco-dépressive qui m'a souvent conduit dans les hôpitaux psychiatriques. Ce tableau raconte l'un de mes épisodes délirants. Je devais aller à la gare de Dreux, mais ma voiture m'a conduit à Chartres. C'était un dimanche. Je suis entré dans la cathédrale. Il y avait un mariage. J'ai traversé le labyrinthe dessiné par Villard de Honnecourt. Dans une chapelle, des fidèles priaient, j'ai pris les cierges et je les ai les brisés. J'ai senti l'affolement autour de moi. Alors je me suis enfui. J'ai croisé des policiers et, le lendemain, j'étais enfermé à Sainte-Anne. C'est cette scène de folie que j'ai représentée. Lorsque j'étais enfant, j'étais nul à l'école, mais je savais dessiner, c'est ce qui m'a sauvé. Ce tableau illustre ma façon de m'exprimer en images lorsque les mots me manquent." Delirio e creatività, pazzia e acutezza dello sguardo e del pensiero, pazzia e solitudine, temi di sempre nella storia dell'arte e Garouste nella sua autobiografia ne è pienamente consapevole: "Le fou parle tout seul, il voit des signes et des choses que les autres ne voient pas. Je veux peindre ce qu'on ne dit pas. Et si le fou dérange, je veux que le peintre dérape".
Le Sarcophage  2012
80 quadri, sculture e disegni alla Fondazione Maeght ci propongono di avvicinare il mondo di Gérard Garouste, artista complesso che pensa e ci costringe a pensare, che si interroga e ci invita a fare altrettanto, un sapere pittorico classico pervaso da tutti i questionamenti, i dubbi e le paure dell'uomo moderno. Con lui è impossibile limitarsi ad essere spettatori passivi, dire quel quadro mi piace oppure no, lui scava in fondo e fa un suo percorso provocando nello spettatore la riflessione. A fine esposizione, nella terrazza della Fondazione ho guardato quella panchina verde sul tetto, opera del 2011 di Luigi Mainolfi, e mi è venuta un gran voglia di potermici sedere sopra, essere anch'io fra "quelli che volano", Gérard Garouste ne fa parte senz'altro.   



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