Germanicorum

Creato il 31 marzo 2011 da Ilpescatorediperle
Tra ieri e oggi è passato da Verona il teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann.
Affabile e cortese, ha tenuto una conferenza sul tema dell'angoscia e, stamattina presto, un seminario. Nella tradizione tedesca, il Seminar aveva una struttura dialogica: gli ascoltatori erano invitati a fare domande, a discutere. Drewermann, senza nemmeno un appunto, ha ascoltato dieci domande consecutive, e vi ha risposto riorganizzandole in un unico intervento coerente, ritrovando con gli occhi, uno a uno, coloro che lo avevano appena interrogato.
Coadiuvato da un abile traduttore tedesco, da tempo residente in Toscana (ha reso stören con dar noia, sein Vater con il su' babbo e das Kind con il piccino, fantastico), Drewermann ha conquistato l'uditorio, che l'ha, infine, vivamente applaudito, grato e appagato. Se fossimo stati in una città universitaria tedesca, se Drewermann non avesse avuto un treno di lì a poco, se infine fossero state le sei di sera, ci avrebbe senz'altro invitati a seguirlo in una Kneipe (taverna) per una Bratwurst (salsiccia) e un Bier (beh...).Il fatto più notevole, forse, è che il teologo è stato contattato da una psicoterapeuta veronese che non conosceva, e ha deciso di venire e di farsi ricevere da lettori ignoti, offrendo liberamente il suo sapere e in modo assolutamente informale.
Mi viene in mente questo oggi, leggendo, su Repubblica, un fondo di Massimo Giannini, che, per dare un tono al suo vibrante (e condivisibile) commento sulle ultime novità (si fa per dire) della politica italiana, sfodera due termini tedeschi di un certo peso come Blitzkrieg (guerra lampo) e Grundnorm (norma fondamentale). Peccato che, essendo sostantivi tedeschi, andassero scritti, appunto, con la maiuscola. Cosa che Giannini non fa. E' lo stesso giornalista che, accanto a molti altri, insiste ad utilizzare il ponderoso termine Weltanschauung (visione del mondo), scrivendolo immancabilmente con una sola "u" (Stille se n'è occupato sul suo blog: ma fare due chiacchiere con Giannini, che è della sua stessa testata?).Penso una cosa molto semplice. Per carità, tutti, a cominciare da chi scrive, possono fare errori di ortografia, anche in italiano. Ma nessuno è tenuto a conoscere il tedesco, anche se è una lingua bellissima. Ancor meno si è tenuti a servirsene, quando esistono altrettanti lemmi italiani che fanno alla bisogna. Perché sfoderare dunque un sapere che, forse, non si ha? Perché infarcire la propria prosa, col rischio, o forse con lo scopo, dell'incomprensibilità per un largo pubblico, com'è quello di Repubblica, di concetti già complessi di per sé, volgendoli nel loro idioma d'origine, e però scrivendoli sistematicamente sbagliati? A che serve tutto questo?
Torniamo, ancora una volta, al manzoniano latinorum. E' il termine che usa Renzo Tramaglino, nei Promessi Sposi, in risposta alla vacua enumerazione delle cause di impedimento al matrimonio, enumerazione in latino, appunto, che don Abbondio (lo stesso che non sa chi sia Carneade e legge tanto per leggere) gli snocciola nel II capitolo, onde imporre con la forza dell'autorità una decisione che, a ben vedere, è il risultato di un atto di viltà da parte sua: la resa al potere del più forte. Lo spregio dei piccoli, che rispondono nel modo più acuto: "Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?" Ecco, col germanicorum siamo alle solite. Almeno scriviamolo correttamente.

da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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