Ed è dannosa in virtù del fatto che proprio quando si rende necessario fare discorsi articolati e con la dovuta calma, invece si sbotta all'improvviso in preda alla grande stanchezza della mattinata o alla confusione dell'ingresso. E' sbagliata perché anche l'interlocutore ha spesso una mattinata di lavoro alle spalle o che lo aspetta, ha premura di tornare a casa, non per volontà ma per via della situazione contingente accade che quanto si dice e quanto si ascolta è condizionato pesantemente dai fattori esterni alla comunicazione stessa.
Come fare e quando?
Tutte le informazioni alla famiglia, affinché la comunicazione sia funzionale alla soluzione del problema e non diventi essa stessa un problema, devono seguire una procedura precisa, e solo dopo che si è ragionato con calma sul da farsi, mai sull'onda emotiva di una arrabbiatura o di una pesante mattinata di lavoro:
- convocazione per iscritto alla famiglia, sul diario o sul quaderno, con garbo e senza allarmismi, in orario di ricevimento dell'insegnante (o se è un modulo con tutti gli insegnanti), fornendo una o più disponibilità oraria.
- una chiacchierata faccia a faccia da seduti, ad uno stesso tavolo, perché gli attori della comunicazione che riguarda il bambino non devono stare su piani differenti, che con calma svisceri i problemi. Quando invece è il genitore ad avere necessità di comunicare, lo si ascolta e gentilmente si rimanda al primo momento adatto: un'ora buca o l'orario di ricevimento per fornire le risposte necessarie.
Quando la comunicazione diventa efficace?
In entrambi i casi la comunicazione diverrà efficace, pur se non risolutiva dei problemi, se si riuscirà a evitare le rigidità, le accuse, se diventerà almeno un'assunzione di impegno a sorvegliare meglio, ad ascoltare, a tenersi in contatto e a collaborare. Meglio evitare la pretesa di azioni risolutive, in specie da parte dell'insegnante che calibrerà il suo successivo intervento proprio in ragione del tipo di collaborazione che sarà riuscito ad avere. E quando quest'ultima viene a mancare è preferibile accettare la situazione e cercare di lavorare per quanto è possibile sull'alunno evitando i messaggi trasversali alla famiglia. Non si tratta di fare passi indietro, bensì di salvaguardare, come è doveroso, la relazione insegnante/alunno.
La cura della comunicazione casa/famiglia non è meno importante dell'aspetto didattico, rapporti sereni sono il terreno su cui poggia l'apprendimento del bambino, lo abbiamo detto mille e più volte.
Una famiglia poco convinta della modalità della relazione con i docenti scredita, anche non volendo, il loro lavoro e pur non essendovi intenzionalità, il livello di considerazione tende a impoverirsi minando in tal modo la credibilità anche agli occhi del bambino.
Infine Le procedure non possono essere sostituite da atteggiameni informali, che con la scusa di risparmiare tempo, si mangiano di contro la nostra autorevolezza e la nostra credibilità. A meno che non non usiamo quei momenti per "rassicurare", rimandando a situazioni più proprizie la comunicazione delle cose da migliorare.
E a proposito di questo, occorre ribadire che frasi come "suo figlio non combina nulla" o peggio suo figlio "non capisce nulla", pur comprendendo che spesso sono la risultante di una tensione emotiva e di una sincera preoccupazione dell'insegnante per la situazione dell'alunno, sono un danno comunicativo quasi irreparabile. Nessuno vuol sentirsi dire per il proprio figlio il peggio. E' altrettanto vero che possiamo descrivere le situazioni più gravi con l'attenzione che meritano, misurando le parole, senza alienarci la collaborazione della famiglia. La mancata collaborazione della famiglia non fa altro che restringere la via di comunicazione verso il bambino.
L'insegnante in questo senso deve scegliere sempre il bene maggiore del bambino e mai dimenticarsi del proprio. © Crescere Creativamente consulta i Credits o contatta l'autrice.