“Il pubblico è affamato di storie! Non vuole deliri citazionisti ipertestuali del Tarantino di turno!”.
Nell’incipit del cortometraggio Ghetto Shopping (2011), Mirko Catoio sembrerebbe darci il La per concretizzare un pensiero che, qualche anno fa, riusciva ad angustiarci: Quentin Tarantino ha rovinato il cinema indipendente (parliamo di quello italiano, sondato con più pertinenza). Non perché abbia qualcosa a che fare con la scarsa qualità di alcuni titoli, ma perché, come un morbo silenzioso e letale, è riuscito ad infettare schiere di giovani registi, irretiti dal suo stile, ubriacati dalle mode da lui lanciate (o ri-lanciate), invaghiti di quei “deliri citazionisti” che Catoio mette alla berlina.
Ma Catoio non si ferma alla satira sul cinema post-tarantiniano, il suo è solo un pensiero che fa da spunto, da pista di lancio, per l’idea centrale del corto: l’assoluta mancanza di novità (di idee, appunto) all’interno delle nuove produzioni cinematografiche. Mirko, il protagonista, ricama spietato su luoghi comuni quali: “il cinema, ormai, è morto”.
Ma cosa c’è in Ghetto Shopping oltre la satira sulla moda dilagante e il cinico uso di frasi fatte? Innanzitutto una lineare e godibile storia da b-movie: Mirko, un aspirante sceneggiatore, si trova catapultato all’interno della sua giornata no. La ragazza lo tradisce con due sconosciuti e, colta in flagrante, reclama un po’ di privacy, uno dei due amanti gliele suona di santa ragione. Costretto a girovagare per i ghetti malfamati della sua città, al suo malessere interiore si unisce l’impossibilità di trovare un bar o un tabacchi aperto, dove acquistare un pacchetto di sigarette. La sua dipendenza dal fumo, interdetta da terzi, è specchio dell’enorme carenza di Idee, da cui possano scaturire nuove (e valide) opere d’arte. Anzi, il regista costruisce una semplice metafora, per palesare ancora meglio il discorso poi concretizzato nella trama più trash/sci-fi, un’equazione da risolvere per poter guardare al futuro del cinema (e dell’arte) indipendente: la sigaretta (bramata ma mancante) sta all’Idea come la città malfamata e nemica sta all’Arte. E mentre tentate di arrivare al risultato finale, continuiamo con Ghetto Shopping. Sì, perché, mettendo un po’ da parte i discorsi seriosi, il corto gira attorno alla messa in commercio di una nuova droga sintetica: il prototipo di un parassita dalla forma di verme che, insinuatosi nel cervello dell’ospitante, scatena una sfrenata produzione di idee creative. Ma c’è qualcuno che sta cercando di rientrare in possesso del parassita strisciante e, per farlo, non si fa scrupoli di far rotolare qualche testa d’artista. Nella sua giornata no, Mirko avrebbe potuto evitare di incappare anche nell’allegro clan di tagliagole?
Piace particolarmente, di Ghetto Shopping, questa ironia sospesa tra la demenzialità e il grottesco, oltre al piccolo ma funzionale germe di trama. Meno riuscite le sequenze di lotta, funzionali all’azione, ma messe in scena un po’ alla buona.
Attendiamo sviluppi da un autore (che si professa) all’affannata ricerca dell’Idea.
Luca Ruocco
Regia: Mirko Catoio
Con: Stefano Caverzaschi, Angelo Gioia, Rui Albert Padul, Alex Melluso
Sceneggiatura: Mirko Catoio
Produzione: HDMAD Production
Anno: 2011
Durata: 23’17’’
Il corto: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=gjbw9AtZBOc#!