Il legame è molto stretto
di Mattia Luca Mazzucchelli
Che i ghiacci si stanno sciogliendo si sa. E si sa pure che, molto probabilmente, la colpa è delle emissioni di gas serra nell’atmosfera da parte dell’uomo che fanno alzare la temperatura media del globo. Ciò che il grande pubblico non sapeva, e che anche gli esperti sottovalutavano, è che lo scioglimento dei ghiacciai non è solo una conseguenza del riscaldamento globale ma diventa addirittura una delle cause. L’affermazione sorprende un po’, ma è il risultato di uno studio condotto da un team di università e centri di ricerca statunitensi e basato su dati raccolti tra il 1979 e il 2008.
La superficie terrestre riceve gran parte dell’energia dal Sole sotto forma di radiazione. La parte che riesce ad attraversare l’atmosfera e raggiunge la superficie terrestre viene utilizzata dagli esseri viventi e soprattutto scalda gli strati bassi dell’atmosfera e infine le terre emerse e i mari. Ma, se questi sono coperti di ghiaccio o neve, allora si ha un’alta percentuale di radiazione riflessa, detta albedo, che viene rimandata indietro fino a uscire dal sistema Terra. In una giornata di Sole sulla neve si può rimanere abbagliati: la luce è l’unica parte della radiazione riflessa che i nostri occhi possono vedere. Gli scienziati chiamano criosfera l’insieme delle zone del nostro pianeta coperte da acqua allo stato solido, cioè ghiaccio o neve. Ha una grande albedo ed è importantissima nel bilancio termico della Terra perché, come un grande thermos, isola la superficie sottostante impedendo che si scaldi.
La diversità di albedo gioca un ruolo importante nel riscaldamento globale (Cortesia M. Parvis/M.L. Mazzucchelli)
Ma i ricercatori del team statunitense hanno trovato che la criosfera ultimamente non raffredda più come 30 anni fa. Dal 1979 al 2008 satelliti della NASA hanno rilevato la quantità di energia riflessa da alcune importanti zone della criosfera. I dati sono stati rielaborati prendendo in considerazione l’emisfero settentrionale, perché lì si trovano grandi aree, anche continentali, coperte da ghiacci e nevi stagionali. E i risultati hanno mostrato una riduzione dell’albedo complessiva.
Il che si poteva immaginare. Negli ultimi 30 anni la temperatura media nel nostro emisfero è aumentata di 0,7 gradi. I ghiacciai sui continenti si sono ritirati e le precipitazioni nevose sono diminuite. In più, soprattutto durante i mesi fra maggio e luglio, parti della calotta polare si sciolgono lasciando scoperto il mare sottostante e formando grandi pozze sulla superficie della banchisa. Invece di essere rispedita nell’atmosfera, l’energia del Sole viene assorbita dal terreno o dall’acqua e aumenta il riscaldamento della Terra.
Il ritiro dei ghiacci lascia scoperti il terreno e l'acqua (Cortesia: M.L. Mazzucchelli)
Proprio qui sta la vera scoperta, pubblicata in un articolo su “Nature Geoscience”. Il contributo al riscaldamento da parte della riduzione dell’albedo è sempre stato considerato marginale, ma secondo questi studi non è così. Karen Shell, scienziata della Oregon State University e una delle autrici della ricerca, è chiara: “La quantità di energia assorbita in più dalla Terra per via della riduzione della criosfera equivale circa al 30 per cento del surplus di energia acquistato a causa dell’immissione dei gas serra dall’inizio dell’era industriale a oggi”. Insomma il fenomeno non può essere trascurato, in particolare nei modelli che cercano di simulare l’andamento delle temperature nei prossimi anni.
In realtà non è facile dire in che termini questo processo possa influire sul riscaldamento globale, perché anche un piccolo aumento di temperatura dovuto ad altri fattori potrebbe autoalimentarsi per via dello scioglimento della criosfera. Mark Flanner, professore dell’Università del Michigan e membro del team di ricerca, precisa questo fatto: “Le nostre analisi indicano che l’apporto dato dal fenomeno è almeno due volte più importante di quello che hanno previsto gli altri modelli. Il risultato è che il clima della Terra può diventare più sensibile all’incremento dell’anidride carbonica nell’atmosfera e alle altre perturbazioni”.
Nella complessità del sistema climatico le variabili in gioco sono numerosissime e non è facile calcolare con precisione gli effetti portati da ogni singola perturbazione. In più i processi in atto sono spesso intimamente connessi. Presi singolarmente sembrano poco importanti ma in un contesto globale risultano decisivi. Così ci si muove tramite modelli che tentano di approssimare sempre meglio la situazione reale: si aggiungono particolari e si cerca una maggior precisione nelle analisi dei singoli fattori.
I ricercatori impegnati nello studio affermano che i 18 modelli tenuti in considerazione dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo internazionale delle Nazioni Unite che monitora il riscaldamento globale, sono inadeguati perché sottovalutano notevolmente l’influenza della riduzione dell’albedo. “Mentre i modelli attuali sottostimano i cambiamenti della criosfera nell’emisfero settentrionale, quest’anno saranno rilasciati nuovi modelli che forniranno una migliore interpretazione dei contributi dei ghiacci e delle nevi. E il nostro contributo aiuterà gli studiosi nella comprensione della riduzione dell’albedo e della criosfera nel futuro”, conclude Karen Shell.