Una
dozzina di giorni fa, su queste pagine, ho scritto che trovavo «una
sintetica ma esaustiva sinossi della dottrina morale della Chiesa su
quanto attiene a sesso, procreazione, matrimonio e famiglia» nel
«combinato
disposto»
di una
frase di don Luigi Giussani contenuta ne Il
movimento di Comunione e liberazione
(Jaka Book, 1987) e di un
passaggio tratto dall’intervento
di Massimo Gandolfini al Family Day dello scorso 30 gennaio. Giacché
Giulio Mozzi solleva obiezione al riguardo, trovando che «Giussani
e Gandolfini espongano una dottrina piuttosto diversa da quella che
si ritrova nel Catechismo»,
ritengo che per respingerla argomentando nel dettaglio non sia
superfluo riproporre i due brani: «La
realtà del rapporto uomo-donnatrova
compimento nell’esperienza coniugale e ha sostanziale funzione di
arricchire di figli la Chiesa» (Giussani);
«Il
sesso non è il piacere sessuale. Il sesso è la procreazione, è la
trasmissione della vita. Il sesso ci fa partecipi dell’opera
creatrice di Dio»
(Gandolfini).
In via preliminare, vorrei far presente che in entrambi
i casi non ci troviamo dinanzi a parole in libertà, ma a frasi che
anche nella forma riproducono fedelmente degli importanti assunti
dottrinari.
Nel caso di Giussani, riguardo al compimento che il
rapporto uomo-donna potrebbe trovare solo dell’esperienza
coniugale, c’è
esplicito riferimento a una dozzina di paragrafi del Catechismo
(1612-1617; 1652; 2360-2363; 2390), con tutto quanto ne consegue per
definire vero matrimonio solo quello che è sacramento, e cioè
celebrato con rito religioso; in quanto alla sua «sostanziale
funzione di arricchire di figli la Chiesa»,
siamo a un modo un po’
spiccio di sintetizzare il paragrafo n. 5 della Familiaris
consortio
(«Nel
matrimonio e nella famiglia si costituisce un complesso di relazioni
interpersonali – nuzialità, paternità-maternità, filiazione,
fraternità – mediante le quali ogni persona umana è introdotta
nella “famiglia
umana”
e nella “famiglia
di Dio”,
che è la Chiesa. Il matrimonio e la famiglia cristiani edificano la
Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona umana non solo viene
generata e progressivamente introdotta, mediante l’educazione,
nella comunità umana, ma mediante la rigenerazione del battesimo e
l’educazione
alla fede, essa viene introdotta anche nella famiglia di Dio, che è
la Chiesa»).
Nel
caso di Gandolfini, invece, troviamo organicamente strutturati: «Il
piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se
stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione»
(Catechismo,
2351); «Gli
sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio»
(Catechismo,
2367).
Cosa resta fuori, di grazia, della dottrina morale della
Chiesa
su quanto attiene a sesso, procreazione, matrimonio e famiglia? Il
sesso deve essere in funzione alla riproduzione, sennò è lussuria,
e cioè peccato mortale. La riproduzione è un dovere degli sposi,
perché così Dio vuole. Il matrimonio è veramente tale solo se si
incardina nella vita della Chiesa come sacramento. La famiglia è
veramente tale solo se è esercizio di Chiesa domestica, cinghia di
trasmissione della fede di generazione in generazione.
Ho detto che è sinossi sintetica, ma non è
esaustiva? Mi pare manchi solo qualche dettagliuzzo tutto sommato
irrilevante, chessò, l’obbligo
di battezzare la prole, mandarla ai corsi parrocchiali per la prima
comunione e la cresima, e la raccomandazione di non far troppo casino
se poi il prete ne abusa sessualmente.
Nel rilievo che Giulio Mozzi
mi muove, però, c’è
un ben preciso rimando a qualcosa che dovrebbe (non potrebbe non) costringermi a
rivedere il mio giudizio: «A
me pare che Giussani e Gandolfini espongano una dottrina piuttosto
diversa da quella che si ritrova nel Catechismo attuale (e sottolineo
“attuale”). Anche ciò che si legge al punto 1652, e che con un po’
di sforzo si potrebbe far echeggiare, mi pare che in realtà dica
tutt’altro)».
E che c’è
scritto? Leggiamo, va’
«Per
sua indole naturale, l’istituto
stesso del matrimonio e l’amore
coniugale sono ordinati alla procreazione e all’educazione
della prole e in queste trovano il loro coronamento».
Io ci leggo un po’
d’incongruo
tra «indole
naturale»
e «istituto»,
ma non voglio fare troppo il pignolo, via: può darsi che con «istituto»
non
si voglia intendere un costrutto che ritaglia un profilo
comportamentale nella «natura»
per
inverarlo nella storia, perciò togliendogli «naturalezza»:
chiudo un occhio e faccio finta di aver letto «sacramento».
Poi?
«I
figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono
moltissimo al bene degli stessi genitori. Lo stesso Dio che disse:
“Non
è bene che l’uomo
sia solo”
(Gn 2, 18) e che “creò
all’inizio
l’uomo
maschio e femmina”
(Mt 19, 4), volendo comunicare all’uomo
una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice,
benedisse l’uomo
e la donna, dicendo loro: “Crescete
e moltiplicatevi”
(Gn 1, 28). Di conseguenza la vera pratica dell’amore
coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce,
senza posporre gli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i
coniugi, con fortezza d’animo,
siano disposti a cooperare con l’amore
del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente
dilata e arricchisce la sua famiglia».
Una efficace indoratura della pillola, senza dubbio, ma in cosa
sarebbero smentiti Giussani e Gandolfini?
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