Nel periodo fiorentino, Giacomo strinse amicizia con Antonio Ranieri, esule napoletano, che gli era stato presentato da Alessandro Poerio, e che lo condusse a Roma e, dopo l'esilio, a Napoli. Durante il soggiorno a Firenze, il poeta ebbe un'altra tremenda delusione d'amore a causa della frivola signora Fanny Targioni-Tozzetti.
Compose in questo periodo i suoi più grandi canti d'amore: Il pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso e Aspasia, il "canto dell'inganno estremo". La sua salute peggiorava sempre più, ma egli sperava in un giovamento dal mite clima di Napoli. Si avvide però di essersi illuso, e trascurando la cerchia di altri spiriti che il Ranieri gli aveva fatto conoscere, si appartò sempre più. Appartengono a quel periodo la Ginestra, scritta nel 1836 nella villetta del Ranieri ai piedi del Vesuvio, e l'ultimo suo canto, Il tramonto della luna, che egli compose poco prima della sua morte, avvenuta il 14 giugno 1837.
Infieriva, in quelle settimane, a Napoli, il colera, e solo la costanza del Ranieri impedì che la salma del poeta fosse gettata nella fossa comune. Il fedele amico riuscì a seppellirla di nascosto nella chiesa di San Vitale Fuorigrotta, ove rimase fino all'anno 1939, quando fu tolta per essere trasferita nella tomba di Virgilio, presso Posillipo.
La vita di Leopardi si svolse senza episodi di rilievo, tanto che il poeta stesso la definì "la storia di un'anima". Un'anima bersagliata dalla sorte, incompresa dai familiari e spesso anche dai critici di poco conto, allarmati dal suo pessimismo a tal segno che, quando egli partecipò con le Operette morali a un concorso bandito dall'Accademia della Crusca, ebbe due soli voti, mentre tutti gli altri andarono a Carlo Botta per la Storia d'Italia dal 1789 al 1814.
Debole e curvo, afflitto dall'asma, costretto a lavorare duramente per sottrarsi al'egoismo del padre e all'indifferenza della madre, Giacomo Leopardi fu portato naturalmente al pessimismo anche per la mancanza d'un amore che lo confortasse e per le precarie condizioni finanziarie in cui spesso si trovava. Ma le sue poesie hanno ricavato dall'amarezza del suo animo quella potenza, spontaneità e originalità che le rendono sublimi.
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