Da lontano sento il chiacchiericcio del gruppo di donne nel cortile condominiale. I colori dei loro abiti sono caldi come il sole di questa giornata di giugno. E brillano, i loro veli. E scivolano spesso dal loro capo mostrando capelli raccolti in lunghe code o chignon bloccati da fermagli in legno.
Una di loro cuce, seduta sul muretto di contenimento del giardino. Le altre siedono su sedie da giardino a formare un immaginario cerchio. Una sola è in piedi. Ha un abito giallo. È vicina alla giovane “sarta” e ogni tanto si abbassa per darle dei consigli. Indossano per lo più scarpe consunte e comode che talvolta tolgono appoggiando i piedi sul cemento del cortile nel quale si trovano. I loro piedi indossano però calze, al contrario della bambina scalza seduta in braccio alla madre.
Mi sento catapultata in un altro tempo e in un altro luogo, tra chiacchiere di cortile e giochi a palla. Poi una di loro si alza dalla sua sedia, si allontana di qualche metro, siede sul muretto come l’amica “sarta”, sistema il velo e impedendo ad orecchie indiscrete di ascoltare le sue parole telefona, riportandomi con violenza al presente.
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