
Perché lo fanno? Perché spendere soldi per approfondire argomenti macabri, per seguire morbosamente dicerie, illazioni, supposizioni truculente su fatti di sangue le cui vittime, ad una persona normale, dovrebbero solo suscitare pietà e compassione, i fatti dovrebbero risultare repellenti, le storie dovrebbero spingere ad un veloce oblio? È lo stesso meccanismo che porta la gente a partire e farsi le foto sui luoghi del delitto, a visitare le tombe dei morti ammazzati. È lo stesso meccanismo che fa inviare lettere d’amore agli assassini in prigione, che sviluppa compassione più per il carnefice che per la vittima. Non è la sublimazione dell’orrore, la catarsi del ribrezzo, l’affrontare le proprie paure che scaturisce dalla visione di film o libri a carattere orrori fico. Qui non si tratta di storie inventate. Qui il sangue è vero, sangue di gente vera, donne, bambini.
È la degenerazione della morbosità della tv delle lacrime, del reality irreale, delle Mariedefilippi e delle Barbaredurso, è l’esponenzialità del buco della serratura. È la possibilità di farsi gli affari degli altri nelle questioni più truci.
Una volta c’era il pettegolezzo, la comare che raccoglieva le voci, le elaborava e le riportava per il paese. Poi è venuta la stampa scandalistica. Ora lo scandalo diventa truculento: non basta più il sesso, il tradimento, l’ostentazione della potenza. Ora lo scandalo deve puzzare di sangue e paura. È una società malata la nostra, affetta da parassitismo e cannibalismo. I sintomi sono chiari. La cura, al momento, non c’è.
Luca Craia
