sono qui fermo l'albero davanti
che preso dalla luce muove i rami
e l'icona del suo parlarmi scocca
un collo umano esce dalla casa
rientra richiudendo le persiane
***
l'io brunito non può
carezza per corazza
rivolgersi fissando
a un volto esterno
"il prossimo" abbracciando
e non perché sia guscio
uscio vuoto
da flussi sballottato
dall'interno agito
e rosicchiato
più di tanto
quanto
perch'è diviso e unito
nel bosco delle case
essendo uguale e unico già in sé
tra contagiosi e ostili
sorridente attrito
***
è picchiettando sul nulla,
che rimane così suolo bagnato,
che la lettura, lo studio, magari veloci,
creano la gabbia di un tempo
acutamente solitario
semicoincidente con lo spazio orario
tollerabile camera
***
è impossibile capirti?
giro intorno ai suoni
della tua voce, scruto
i lineamenti a specchio
la luce sulla tavola
imbianca il circospetto
rilevo accostamenti
rifletto: tu sei tu.
E "noi" cosa sta a fare?
è infisso anche di più?
una brina leggera il ragionare
***
come l'acqua viene
ghiaccio d'un tratto
ho la rivelazione della connessione:
atomi dei corpi separati
dagli atomi slacciati dello spazio
nell'ombra lavorata delle imposte
infantile, un bicchiere di latte
***
la polvere sul tavolo
e tramite la finestra nella luce
che forma rombi chiari
e liberi nell'ombra
rettangoli lucenti,
ovunque è come ovunque?
la serie silenziosa
dei granelli, dei legni, della mente;
tutte le porte aperte della casa
alimentano solo una corrente.
Schiusi i vetri, il transito
del fluire vivente
con il suo mantello di teorie
circa i convogli della solitudine.
***
Mezzo nel sonno
rifletto su passaggi
tra un corpo e l'altro
tra due o più vicende
tra le voci
e su persone appartate
non da poteri assoggettate
ma come in attesa
donne in primo luogo
***
Preme l'autunno tornano al lavoro
continuo a studiare nelle gialle
foglie di carta mi agito e dormo.