In una dimensione sociale dominata dal neoliberismo, in cui tutti ritengono di essere liberi, di trovarsi in una libertà assoluta, l’individuo ritiene di poter fare quello che vuole e quindi nessuno può vietare alcunché. Tutto è possibile.
Il trionfo della scienza, della tecnologia, dello scientismo eretto a visione del mondo mostra nel suo specchio deformante qualcosa che molti fanno finta di non vedere: la vanità della potenza, il trionfo dell’individuo, l’illusione dell’Io di poter governare il reale, piegarlo ai desideri, renderlo funzionale. La supponenza dell’Io, notava Freud, è simile a quella del clown Augusto: «L’Io sostiene la parte ridicola del clown Augusto che vuole convincere con i suoi gesti gli spettatori che tutti i cambiamenti avvengono nel circo grazie ai suoi comandi». Giungiamo al colmo dell’impostura: fare in modo che l’ingovernabilità confermi la necessità della padronanza e soprattutto di un legittimo titolare.
L’ingovernabilità, così come si presenta nel nostro tempo, va considerata come uno scacco che ha una portata ben più ampia di quanto si creda. Non è propriamente legata alla contingenza ma rivela una dimensione strutturale. È come un cortocircuito. Una celebre frase di Freud osserva che ”quello dello psicanalizzare sembra essere il terzo dei mestieri impossibili il cui esito insoddisfacente è scontato in anticipo. Gli altri due, noti da tempo, sono quelli dell’educare e del governare”. Dunque governare, educare, psicanalizzare sono pratiche impossibili. Eppure mai come in questa stagione il tema dell’ingovernabilità balza agli onori della cronaca: nella politica così come nel pensiero progettuale, nell’informazione così come nelle idee relative a un presunta realtà. Qualcosa sfugge immancabilmente, si frammenta, si sottrae alla pensabilità. Non siamo più padroni in casa nostra.
Eppure la psicanalisi insegna che l’esperienza dell’impotenza comporta una preziosa fecondità, l’occasione su cui interrogarsi intorno allo statuto dell’umano, riconoscerlo, ritenerlo imprescindibile, abitarlo fino in fondo senza utilizzare protesi, orpelli, mascherature, tutori, alibi, astuzie della ragione. Il nodo rimane quello della libertà. Sembra paradossale ma è proprio l’esperienza dell’impotenza e del limite a costituire la condizione della libertà. Perché è proprio l’esperienza del limite a esigere l’istanza della responsabilità.
Era Freud a ricordare più volte che la vera potenza è quella del ritorno del rimosso. E che qualcosa che viene espunto dal simbolico (dalla parola) ritorna dal reale e ci travolge inesorabilmente. Beninteso, oggi non c’è solo il fantasma dell’onnipotenza tecnologica a ingombrare il campo, ma diverse forme di onnipotenza: quella della certezza morale, quella narcisistica, quella ideologica, quella dei saperi ben disciplinati, quella delle certezze impeccabili esibite in alta uniforme e tante altre. È così difficile capire che la certezza nutrita di onnipotenza è una figura del punto cieco, dello scotoma, della bulimica negazione della differenza?
Giancarlo Ricci
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Contatti: Giancarlo Ricci - Studio: via Ozanam, 8 – 20129 Milano, Cell: 339 6057.061, riccigian@tiscali.it
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MAE Milano Arte Expo -milanoartexpo@gmail.com- ringrazia Giancarlo Ricci, psicanalista, per il testo Elogio dell’ingovernabilità.
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