1. Ritrovare l’ago nel pagliaio
E’ stato il vento dell’indignazione, teso e costante, a tenere gonfie le vele dell’impresa che questo libro tenta di compiere. L’indignazione è una grande risorsa. Fa pensare molto. Spinge a scrutare i più sottili legami tra cose disparate. Così, quando nel mio lavoro di psicanalista è capitato che incominciassi ad ascoltare diversi pazienti con tematiche relative all’omosessualità o all’identità di genere, qualcosa non mi tornava. Le parole di questi pazienti, così complesse, sofferenti, dense di alterità, non corrispondevano a quell’immagine gaia e spensierata, che i media, nei dibattiti e nei servizi televisivi tessono intorno all’omosessualismo. >>
Uso questa parola, omosessualimo, per designare quella specie di brodo primordiale con cui l’omosessualità viene sbandierata oggi come la punta dei diritti umani, come l’emblema del modernismo, come la lotta per affermare che un desiderio individuale venga riconosciuto dallo Stato come un diritto. Il tutto in nome dell’uguaglianza naturalmente. Le questioni in realtà sono ben più complesse, mi sembra abbiano una densità simbolica più cogente perché radicalmente chiamano in causa lo statuto dell’umano e il suo contesto antropologico.
In questa discrepanza tra ciò che ascolto nelle sedute e ciò che vuole affermarsi come pensiero dominante nella società, trovo un punto insopportabile. Che non è la differenza di opinione, ossia che qualcuno o altri la pensino differentemente. Ben venga la differenza! (se c’è pensiero). L’alterità è sempre feconda.
E’ altro a risultare insopportabile. Per dirlo uso la metafora dell’ago nel pagliaio che bene illustra un aspetto del funzionamento dei media oggi. Come operare, si chiedono i media, per fare in modo che l’ago, la sua luminosa evidenza, la sua pungente verità, la sua scintillante prova d’esistenza, si perda e si svilisca? Semplice: basta metterlo nel pagliaio. E poi rovistare e rigirare. Lavorare in cucina per poi servire in sala: in nome dell’informazione, della libertà di opinione e di pensiero devono discutere e dibattere, confrontare e paragonare. Studiare gli indici (di gradimento), le statistiche, i flussi delle preferenze. Se il pubblico è interessato, rovistare ancora e con rinnovato vigore.
E così nessuno si accorge che l’ago perso era quello della bussola, questo strano oggetto che indica, tra i tanti orizzonti offerti dalla civiltà, la direzione verso cui muovere i nostri passi. Se ci troviamo in mare senza la bussola siamo alla deriva. Se ci troviamo in terra senza la bussola si gira in tondo (come nel deserto) e ben presto, gli sprovvisti scoprono con meritato stupore di ritrovarsi allo stesso punto da cui erano partiti.
La seguente frase di Bauman (da Zygmunt Bauman Intervista sull’identità – acquista on line: LINK) quasi è scivolata da sola ponendosi quale primo esergo che utilizzo nel libro Il padre dov’era. L’esergo introduce il paragrafo “Alcuni luoghi comuni”: “Gli argomenti [proposti dai media] mutano con tale rapidità che quasi non rimane tempo per cogliere questa verità: hanno tendenza a sparire dalla vista e venire dimenticati prima che si abbia il tempo di scoprirne il bluff”.
Giancarlo Ricci
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MAE Milano Arte Expo -milanoartexpo@gmail.com- ringrazia Giancarlo Ricci, psicanalista, per il testo L’INDIGNAZIONE NON BASTA: 1 – Ritrovare l’ago nel pagliaio.
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