Avendo studiato cinese ed essendo il Giappone quasi considerato "il nemico" da noi sinologi per motivi storici e culturali, non mi aveva mai affascinato più di tanto. In effetti, influenzata da questo retaggio e dai pregiudizi, non avevo mai pensato di andarci.
Ora pero, vivendo a Taiwan, punto strategico geograficamente parlando, la voglia di visitare tutta l'Asia e' diventata quasi patologica e nella mia lista dei desideri avevo aggiunto anche il Giappone. Ma sì - ho pensato un bel giorno guardando la carta geografica - bisogna andare a spiare "l'avversario", vedere com'è.
Che poi i taiwanesi non lo considerano affatto tale, nonostante gli 80 di dominio, anzi lo venerano e lo copiano. Per i cinesi e' tutt'altra storia, ma non sto qui a parlare di questo adesso.
Ebbene sì, devo ammettere che il Giappone mi ha positivamente colpito e confesso, facendo forse un torto alla Cina, che mi e' piaciuto molto.
Tutto è al proprio posto, ordinato, pulito, persino intonato al resto che lo circonda e questa visione così netta e lineare delle cose l'ho trovata molto rilassante per gli occhi e per la mente (cosa che non succede in Cina, dove spesso l'approssimazione, il kitch e il caos che regna sovrano in ogni sua forma, creano una tale confusione anche psicologica).
La cura del dettaglio, poi, è estrema, tanto da dare un senso di finzione a volte. La foto sotto, per esempio, è una vetrina di una pasticceria e quegli oggetti che sembrano giocattoli di gomma colorata sono invece pasticcini buonissimi.
Sono rimasta molto colpita anche dall'eleganza della gente e degli anziani in particolare. Le donne sono molto femminili e vestono in maniera molto raffinata. Ogni capo che indossano, ogni accessorio è di qualità e lo si vede da chilometri. Tutti i colori sono abbinati armoniosamente, niente stona.
E' incredibile vedere quanta bellezza estetica ci sia in ogni cosa. I templi di legno, le case minuscole, gli oggetti, gli abiti, le stoffe, il cibo, le piante, tutto è dove deve essere ed è piccolo.
La bellezza trova la sua dimensione nella piccolezza e nella semplicità.
Non so se ci vivrei in un posto così, mi sembra più adatto ad essere guardato che vissuto.
E così come l'ambiente sembra finto tanto è piacevole agli occhi, altrettanto sembrano finte le persone che ci abitano.
Non nascondo che spesso ho avuto l'impressione di trovarmi in un cartone animato, reduce degli anni '80-'90 dove Licia e Marrabbio e tanti altri personaggi giapponesi scandivano le mie giornate con le loro storie disegnate.
Nessuno parla inglese o forse, pur conoscendo la lingua, fingono di non saperla per paura di sbagliare, quindi è stato difficilissimo districarsi nei meandri della complicatissima metropolitana.
Se chiedi un'informazione per strada, raramente sanno risponderti, ma ti ringraziano e si inchinano anche se non hanno spiaccicato una parola. Non ti chiedono "scusa", ma ti dicono "grazie", ovviamente in giapponese.
Abbiamo visto molte persone, soprattutto giovani, indossare i vestiti tradizionali e girare per le vie di Kyoto felici di farsi scattare foto dai turisti, così che sembra sempre Carnevale!
Ci si può imbattere anche in finte geishe, col viso bianco di cerone e le labbra rosse a cuoricino, che posano per servizi fotografici o semplicemente vanno in giro indisturbate, ma ci hanno spiegato che le vere geishe escono solo di notte e non si fanno fotografare. Noi siamo riusciti a beccarle una sera passeggiando tra le viuzze della città e abbiamo scattato una foto furtivamente.
Bellissime ed eleganti, con passo svelto per non farsi vedere, sgattaiolavano in un locale per intrattenere i clienti con canti e danze tradizionali.
La vera geisha non è una prostituta, come tanti credono, ma un'esperta nelle arti dell'intrattenimento, quali danza, canto, musica, cerimonia del tè e abile nell'arte di conversare, che diventa tale solo dopo anni di studio con una maestra e dopo un grande investimento economico sia per gli studi che per l'acquisto degli abiti tradizionali fatti di stoffe pregiate e costosissimi. Non è possibile fotografarle o toccarle e non si esibiscono per un vasto pubblico, ma per pochi intenditori.
A Kyoto abbiamo dormito nei cosiddetti ryokan, alberghi tradizionali giapponesi costituiti da camere con pavimenti di tatami, dove i letti, chiamati futon, sono costituiti da materassi sottili e morbidi arrotolati durante il giorno e srotolati la sera, finestre scorrevoli di legno e carta di riso e bagno esterno. Le camere sono vuote e prive di qualsiasi abbellimento, ma fornite solo dell'essenziale.
Dopo questo viaggio e questa piacevole scoperta, ho capito che è vero sì che il Giappone ha assimilato molte cose della cultura cinese, essendo quest'ultima più antica, ma ha saputo conservarle e proteggerle, oltre che rielaborarle in maniera molto intelligente, mentre la Cina ha distrutto e continua a farlo in nome del Dio denaro.