Qualcuno è riuscito ad entrare con merito nella storia del campionato italiano, altri ci stanno provando. Altri hanno fallito miseramente, qualcuno è stato semplicemente oggetto di operazioni di marketing. Nella memoria collettiva, se si parla di giocatori giapponesi che abbiano militato nel campionato italiano, il primo pensiero corre a Hidetoshi Nakata.
Sbarcò a Perugia nell’estate del 1998, dopo aver già impressionato ai mondiali. Lo scetticismo nei suoi confronti fu inversamente proporzionale all’impatto che Hide ebbe con il calcio italiano. Segnò una doppietta all’esordio contro la Juventus, giusto per smentire subito chi era pronto ad affibbiargli l’etichetta di bidone. Centrocampista universale dotato di ottima visione di gioco e piedi raffinati, con la stoffa del grande giocatore. Dopo un campionato e mezzo ad altissimo livello con il Grifone, si trasferisce a Roma. Ed anche qui dà il suo contributo nonostante il ruolo di “vice-Totti”. Anzi, risulta determinante nella stagione dello scudetto giallorosso nel girone di ritorno del campionato 2000/01 con prove di altissimo livello (la più importante contro la Juventus dopo essere subentrato dalla panchina proprio al Pupone). Parma, Fiorentina e Bologna le altre tappe (meno fortunate) della sua importante carriera. Senza dubbio il più grande giocatore nipponico che abbia calcato i nostri campi.
Altri due flop furono senza dubbio Hiroshi Nanami e Atsushi Yanagisawa. Non si trattava di operazioni commerciali, ma di veri e propri abbagli di mercato dei dirigenti italiani convinti di fiutare il colpo dopo l’esito positivo dell’operazione Nakata. Fu lo stesso Zamparini, all’epoca presidente del Venezia, a dichiarare nell’estate 1999 “Nanami non è un operazione di marketing: lo abbiamo preso perchè è il più forte giocatore giapponese”. Il bilancio di Nanami al Venezia fu impietoso: 24 spezzoni di partita e 1 gol con annessa retrocessione in Serie B dei lagunari.
Discorso simile per Yanagisawa: 43 presenze tra Sampdoria e Messina tra il 2003 e il 2004, e zero reti per uno che di mestiere faceva il centravanti. Evidentemente il senso del gol non era tra le sue caratteristiche principali. Anche lui, dopo l’esperienza italiana è tornato profeta in patria, nei Kashima Antlers, il club che lo aveva lanciato alla ribalta europea.
Non è riuscito a sfondare invece Takayuki Morimoto. Promessa del calcio nipponico, il Catania lo prese giovanissimo dal Tokyo Verdy nel 2007. Attaccante rapido ma acerbo sia a livello tattico che tecnico, Morimoto andò in gol all’esordio in Serie A. Un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio lo costrinse a restare out per tutto il resto della stagione. Ma nei successivi campionati non riuscì mai ad incidere, nonostante la società etnea gli concesse ampia fiducia acquistandolo a titolo definitivo. Attualmente, a soli 25 anni e dopo un’altra esperienza italiana poco esaltante a Novara, è rientrato in Giappone.