La fantasia aiuta, dà una mano. Ma se a sostenere la tesi talmente ardita da sconfinare nell'eresia che tutto quello che è uscito dalle mani di Adamo in poi era a colori, statue di Monte Prama comprese, è nientemeno che il professore Ercole Contu, decano degli archeologi sardi e studioso di prima grandezza, bisognerà pur rifletterci. Quantomeno ripensare se quel bianco accecante su sfondo nero di finissimo gusto xilografico che incanta a visitatori (22 mila nel solo museo di Cabras in tre mesi, numeri da record) delle statue dei pugilatori, arcieri, guerrieri, nasce bianco. Contu è docente di lungo corso: novant'anni e una carriera sempre in prima fila. L'altare preistorico di monte d'Accoddi l'ha scoperto lui nel 1952, di scavi ne ha fatto tanti che è faticoso elencarli, dall'Isola alla Grecia. Insegnante, scrittore, studioso. Professore emerito, novant'anni che a vederlo e ascoltarlo non si direbbe. Capelli bianco sale, farfallino su camicia manco a dirlo di un colore vivo, da ragazzino dell'isola di Wight. All'Antiquarium arborense ha incantato il pubblico trattando un tema affascinante: “La policromia delle statue di Monte Prama”. In altre parole: quelle statue erano bianche come oggi si ammirano nei musei di Cagliari e Cabras oppure colorate? Colorate, sentenzia il professore che si diverte pure a proiettarle modificate sullo schermo. Guance un po' scure, da sardi come li voleva anche Cicerone, con qualche chiazza rubizza. Occhi belli grandi e cerchiati. Vivi. Una folta barba nera che ci sta. Gambe sul giallo. «Questa del colore è una delle due scuole di pensiero attorno alle quali si sono scatenate polemiche a non finire», ha esordito Momo Zucca. Ercole Contu tira dritto, alle polemiche è abitato e da uomo «cresciuto in ragione e scienza» non si sottrae. L'inizio è da botto: «Le statue dovevano essere dipinte, impossibile che non ci fosse il colore. Il fatto che oggi siano totalmente bianche non significa niente perché i colori col tempo scompaiono velocemente». E qui di anni ne sono passati: IX e X a.C., di questo si parla quando si parla di Mont'e Prama. Alla domanda se la mostra restituisce l'aspetto originario delle sculture recuperate nel Sinis di Cabras, Contu risponde secco e convinto: no. «Le statue erano riccamente colorate perché non esiste una sola statua che non lo fosse», e il professore emerito sforna esempi uno dietro l'altro. «L'Ara Pacis? Colorata, si vede benissimo. La Colonna Traiana e quella Antoniana: colorate. Le statue sono tutte colorate a partire dal Neolitico», è l'affermazione che accenderà ancora di più la discussione sulle statue misteriose. Il non colore nasce nel '700 da uno studioso tedesco: tutto qui. «Ma mai un santo è privo di colore, bianco non lo vedrete mai. Il vaso greco? Dipinto. Le statue greche e romane? Dipinte pure quelle. I bronzi di Riace? Colorati. I bronzetti colorati sono un'altra storia. Se le statue di Mont'e Prama fossero nate bianche sarebbe un miracolo o forse una sciocchezza». Tra una battuta e l'altra, il professore lancia attraverso i computer gli accostamenti tra i guerrieri nuragici di bianco vestiti e gli stessi colorati ora di rosso, ora di giallo. Tutti regolarmente con la barba nera come la pece e gli occhi cerchiati. «Tutto cambia, l'espressione è diversa». Da veri guerrieri che «non si difendono ma attaccano». Ma come si può scientificamente parlare di colore in questi tesori di millenni fa? «Osservando con attenzione i particolari che sarebbero invisibili se non ci fosse il colore». Il professore nella sua cavalcata universale scopre un santo indiano «dai colori stupendi» e così anche il presidente del tempo che fu. «Certe stilizzazioni hanno passato e futuro, senza date e confini», è la conclusione. Magari se ne può parlare e la polemica sarà di casa. Convinti comunque che Ercole Contu non mollerà un centimetro di colore.Fonte: http://www.regione.sardegna.it
La fantasia aiuta, dà una mano. Ma se a sostenere la tesi talmente ardita da sconfinare nell'eresia che tutto quello che è uscito dalle mani di Adamo in poi era a colori, statue di Monte Prama comprese, è nientemeno che il professore Ercole Contu, decano degli archeologi sardi e studioso di prima grandezza, bisognerà pur rifletterci. Quantomeno ripensare se quel bianco accecante su sfondo nero di finissimo gusto xilografico che incanta a visitatori (22 mila nel solo museo di Cabras in tre mesi, numeri da record) delle statue dei pugilatori, arcieri, guerrieri, nasce bianco. Contu è docente di lungo corso: novant'anni e una carriera sempre in prima fila. L'altare preistorico di monte d'Accoddi l'ha scoperto lui nel 1952, di scavi ne ha fatto tanti che è faticoso elencarli, dall'Isola alla Grecia. Insegnante, scrittore, studioso. Professore emerito, novant'anni che a vederlo e ascoltarlo non si direbbe. Capelli bianco sale, farfallino su camicia manco a dirlo di un colore vivo, da ragazzino dell'isola di Wight. All'Antiquarium arborense ha incantato il pubblico trattando un tema affascinante: “La policromia delle statue di Monte Prama”. In altre parole: quelle statue erano bianche come oggi si ammirano nei musei di Cagliari e Cabras oppure colorate? Colorate, sentenzia il professore che si diverte pure a proiettarle modificate sullo schermo. Guance un po' scure, da sardi come li voleva anche Cicerone, con qualche chiazza rubizza. Occhi belli grandi e cerchiati. Vivi. Una folta barba nera che ci sta. Gambe sul giallo. «Questa del colore è una delle due scuole di pensiero attorno alle quali si sono scatenate polemiche a non finire», ha esordito Momo Zucca. Ercole Contu tira dritto, alle polemiche è abitato e da uomo «cresciuto in ragione e scienza» non si sottrae. L'inizio è da botto: «Le statue dovevano essere dipinte, impossibile che non ci fosse il colore. Il fatto che oggi siano totalmente bianche non significa niente perché i colori col tempo scompaiono velocemente». E qui di anni ne sono passati: IX e X a.C., di questo si parla quando si parla di Mont'e Prama. Alla domanda se la mostra restituisce l'aspetto originario delle sculture recuperate nel Sinis di Cabras, Contu risponde secco e convinto: no. «Le statue erano riccamente colorate perché non esiste una sola statua che non lo fosse», e il professore emerito sforna esempi uno dietro l'altro. «L'Ara Pacis? Colorata, si vede benissimo. La Colonna Traiana e quella Antoniana: colorate. Le statue sono tutte colorate a partire dal Neolitico», è l'affermazione che accenderà ancora di più la discussione sulle statue misteriose. Il non colore nasce nel '700 da uno studioso tedesco: tutto qui. «Ma mai un santo è privo di colore, bianco non lo vedrete mai. Il vaso greco? Dipinto. Le statue greche e romane? Dipinte pure quelle. I bronzi di Riace? Colorati. I bronzetti colorati sono un'altra storia. Se le statue di Mont'e Prama fossero nate bianche sarebbe un miracolo o forse una sciocchezza». Tra una battuta e l'altra, il professore lancia attraverso i computer gli accostamenti tra i guerrieri nuragici di bianco vestiti e gli stessi colorati ora di rosso, ora di giallo. Tutti regolarmente con la barba nera come la pece e gli occhi cerchiati. «Tutto cambia, l'espressione è diversa». Da veri guerrieri che «non si difendono ma attaccano». Ma come si può scientificamente parlare di colore in questi tesori di millenni fa? «Osservando con attenzione i particolari che sarebbero invisibili se non ci fosse il colore». Il professore nella sua cavalcata universale scopre un santo indiano «dai colori stupendi» e così anche il presidente del tempo che fu. «Certe stilizzazioni hanno passato e futuro, senza date e confini», è la conclusione. Magari se ne può parlare e la polemica sarà di casa. Convinti comunque che Ercole Contu non mollerà un centimetro di colore.Fonte: http://www.regione.sardegna.it
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