Woody Allen e John Turturro (Movieplayer)
Sono rimasto piacevolmente stupito, in particolare, dalla delicatezza profusa nel visualizzare sullo schermo un tema, quello della prostituzione, maschile nello specifico, i cui risvolti vanno ad interessare anche l’universo femminile e più in generale il bisogno di comprensione ed ascolto di cui siamo tutti un po’ orfani, senza ricorrere a volgarità o all’esternazione di una pruderie standardizzata, bensì assecondando un incedere naturale e soprattutto reale, che ha il suo punto di partenza nella profonda amicizia che lega ormai da anni Murray (Allen), titolare di una libreria specializzata in edizioni rare prossima alla chiusura, e Fioravante (Turturro), fioraio che all’occorrenza si arrabatta in vari altri mestieri pur di sbarcare il lunario; per ovviare alle descritte ambasce finanziarie, il primo lancia l’idea di dar vita ad una società, mettere in scena, con il secondo nel ruolo di attore principale, “il mestiere più antico del mondo”, ad uso e consumo di donne alla ricerca di qualcosa d’insolito nella loro esistenza, almeno secondo la sua visione delle cose.
Sharon Stone (Movieplayer)
Murray, che si riserva il ruolo di lenone, nome d’arte Bongo, infatti, sospeso tra altruismo e profitto (ma più incline a quest’ultimo), intende trasformare in un lucroso affare la sensibilità esternata dall’amico verso l’altra metà del cielo, mentre Fioravante, d’ora in avanti Virgilio nell’esercizio delle sue funzioni, uomo semplice e schivo, propenso all’introspezione, accetta con riluttanza il porsi in vendita, ritenendolo sminuente non tanto verso di sé, quanto nei confronti delle donne beneficiate, a partire dalla dott.ssa Parker (Sharon Stone), cui la vita ha dato tutto in termini di affermazione professionale e conseguente stabilità economica, tranne la possibilità di esternare le aspirazioni più intime e profonde. Non è certo stata coadiuvata al riguardo dal marito, anzi la loro reciproca esistenza ha viaggiato sui binari di un’ordinaria rappresentazione della propria immagine.
Sofia Vergara e Turturro (Movieplayer)
Vi è poi l’amica di lei, Selima (Sofia Vergara), il cui unico scopo nella vita sembra quello di ricercare del “sano” divertimento, alla la ricerca di ogni piacere che il denaro possa comprare (oltre a quanto al riguardo è sicuramente in grado d’offrire inedita caratterizzazione) ed infine Avigal (Vanessa Paradis), vedova di un rabbino, sei figli, del tutto integrata nel sistema di convenzioni e regole proprie della comunità chassidica d’appartenenza, in quel di Williamsburg, Brooklyn. Quest’ultima, amata, in segreto da Dovi (Liev Schreiber), il poliziotto del quartiere, instaurerà con Fioravante un profondo rapporto di conoscenza e sincero affetto, volto alla reciprocità, che confluirà nel comprendere, da parte di ambedue, cosa voglia dire veramente offrire agli altri quanto essi desiderino, offendo spazio, senza reticenze e con un calcio alle convenzioni, alla propria essenza più pura e primigenia.
Stone e Vergara (Movieplayer)
Sceneggiato e diretto con levigata scioltezza, impreziosito da scelte tecniche pressoché perfette (la fotografia di Marco Pontecorvo, attenta a valorizzare i toni caldi ed autunnali della città di New York, così come ogni particolare delle scene girate in interno, il montaggio di Simona Paggi, piuttosto serrato nel legare fra loro i vari accadimenti, la colonna sonora, curata da Bill Maxwell e Abraham Laboriel, con le note di ogni brano a stendersi sulle caratteristiche proprie di ogni personaggio, plasmandolo ulteriormente), Gigolò per caso privilegia il sottotono unito ad una certa pacatezza di fondo, ed offre rilevanza all’atmosfera e ai dialoghi brillanti*.
Si delinea quindi come una composizione urbana, romantica ma non sdolcinata, malinconica ma non propriamente struggente, sul tema della solitudine e sui modi di compensarla, ricercando un barlume di felicità in quanto al momento sembra a portata di mano, ma in realtà da ricercare più in profondità, dando opportunità alla volontà di offrire se stessi, nella consapevolezza che la vera ricompensa sarà costituita dall’aver scoperto o ripulito dalla coltre polverosa delle occasioni sbagliate (o delle decisioni mai prese, quando non entrambe) un lato di sé che si riteneva inesistente o comunque perduto per sempre.
Turturro e Vanessa Paradis
Non mancano momenti puramente comici, perlopiù affidati ad Allen, intrisi di autoironia e toni biografici (il processo cui è sottoposto Murray dal consiglio chassidico, reo di non osservare i precetti della comunità d’appartenenza), scaturenti anche alla contrapposizione fra i silenzi, le scarne parole, spesso di ascendenza letteraria, i ritmi pacati, propri di Fioravante e la fluente parlantina di Murray, il suo muoversi agitatamente o a scatti.
Egualmente marcata la differenza caratteriale delle protagoniste femminili, in particolare fra la dott.ssa Parker, una Stone piuttosto a suo agio nell’alternare sarcasmo e disincanto, ed Avigal, cui la Paradis offre un sentore quasi dolente di dolcezza e malinconia (bellissima la scena del primo bacio fra la donna e Fioravante a Central Park). Entrambe si avviano, con modalità diverse, alla scoperta di un mondo loro sconosciuto, liberandosi dai pesanti gioghi imposti dall’adeguamento della propria indole ai canoni della conformità sociale.
Un film atipico nell’attuale panorama cinematografico, più riflessivo che movimentato, idoneo a replicare sullo schermo quella circolarità propria della vita, concludendosi così come era iniziato, alternando certezze ed incertezze relative alle modalità d’affrontare gli umani affanni, nella consapevolezza tanto dei propri limiti che delle proprie capacità.
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Lo stesso titolo italiano risulta meno incisivo rispetto all’originario Fading Gigolo, al quale, in considerazione delle tematiche delineate e dei toni adottati nella pellicola, credo possa adattarsi piacevolmente la traduzione Gigolò in dissolvenza.