di Rina Brundu. L’incommensurabile Luzzato Fegis ascoltava rapito, Giletti – infaticabile padrone di casa – scandiva il titolo delle canzoni come stesse annunciando i titoli dei blasonati invitati al Christmas dinner di Elisabetta II; infine, trascorso quell’indispensabile momento d’attesa, Carlo Conti declamava, compito, i nomi dei cantanti legati a quelle canzoni. È stato così che, questo pomeriggio, durante la trasmissione L’Arena (Rai1), dopo i soliti tre quarti d’ora dedicati alle indimenticabili trame di Mafia Capitale, gli italiani hanno FINALMENTE saputo chi saranno i venti BIG del Sanremo 2015. FINALMENTE, lo ripeto, perché il non-sapere ha tolto il sonno ai molti nelle ultime settimane. Che dico? Mesi.
Consolatorio (si fa per dire) – in epoca di digital music e di Youtuber che cambiano il mondo a loro immagine e somiglianza – è stato il riscoprirci, una volta di più, arroccati dentro il nostro collaudato fortino nazional-popolare: nomi di fantasmi che credevamo opportunamente dimenticati nel baule obliante che per loro destino attende il 99% delle nostre star canzonettare, accostati ad altri nomi che finiranno nel suddetto “baule” più pria che poi, hanno infatti ripreso tono e vigore per un ultimo irrinunciabile canto del cigno mediatico. Magra consolazione è stato perciò lo scoprire che la premiata ditta Albano-Romina non sarà in gara, anche se è noto che il cantante-sanremese cacciato dalla porta sovente rientra dalla finestra….
Clima compiaciuto in Rai. A rovinare la festa quasi soltanto lo spirito mordace di Luzzato Fegiz, il quale Fegiz, dopo avere appreso i nomi dei venti “big” annunciati con cotanta pomposità, con grande dolore di Conti, ha commentato: “Mi paiono tutti personaggi che sono nel guado nel limbo…”. Come non bastasse ci si è messo pure l’affascinante Padre Georg – intervistato in esclusiva da Donatella Scarnati – che ha detto chiaro e tondo di non conoscere la musica italiana se non quella classica e di avere sempre preferito i Pink Floyd. Come biasimarlo?
Colpiva, nel clima di contenuto tripudio imposto dai tempi di crisi, la faciloneria con cui la trasmissione è passata dalla demonizzazione dei peccati di Mafia Capitale (momento durante il quale non si è comunque fatta mancare l’appassionata difesa delle “ragioni” di Carminati e Buzzi da parte dei rispettivi avvocati!), alla similseria declamazione dei nomi dei cantanti sanremesi all’insegna dell’irrinunciabile motto di comodo “La televisione è specchio della realtà, si ride, si piange, ci si indigna, si canta…”.
Sarà! Ed è certamente vero che gli attimi di insostenibile leggerezza dell’essere (che sono il 99% degli “attimi” attualmente proposti dalla televisione italiana), sono necessari. Così come è indubbio che il sostrato importante di una data cultura è fatto di miti, di riti identificanti che se non esistessero occorrerebbe inventare e che alla luce di questa “possibilità” anche l’inciso di Padre Georg “In Germania Sanremo non è così importante…” trova il tempo che trova….
Tuttavia, l’ennesima esaltazione delle “eroiche gesta” degli improbabili “eroi” sanremesi de noiartri, riproposti in salse trite, ritrite, contrite è pure elemento che salta all’occhio. Così come salta all’occhio l’equazione televisiva conservazione dell’identità culturale = incapacità e determinazione a non cambiare. Che non ci si stupisca quindi se mentre gli Youtuber rivoltano up-side-down il concetto di “intrattenimento” dovunque sotto il sole, le grandi nazioni occidentali nostre alleate si propongono come ambasciatrici di nuove tecnologie e motori propulsivi del futuro, noi continuiamo coi Sanremi pantofolai, con gli Expo a base di pizza, pasta, mandolino-spiro-tanto-sentimento, con il malcostume tangentaro nel mare magnum corruttivo.
Ave Italia, morituri te salutant... cantando.
Featured image, Pink Floyd in 1971