Dopo mesi di attesa, abbiamo giocato in esclusiva italiana per il web l'attesissimo nuovo titolo di Bungie
Nel 2004 a poche settimane dal lancio di Halo 2, Pete Parsons, attuale COO di Bungie, rilasciò un'intervista alla BBC per parlare di quello che sarebbe poi diventato uno dei capisaldi degli shooter in prima persona su console. Al cronista che gli chiedeva quale sarebbe stato il loro prossimo progetto rispose che non avrebbe avuto a che fare con Halo, visto che avevano un po' di idee da sviluppare.
Ci sono voluti dieci anni e altri tre capitoli della saga prima di potersi separare definitivamente da Microsoft e prima di poter realizzare quel qualcosa di nuovo a cui stavano pensando già allora. Quel qualcosa ha preso il nome di Destiny, un progetto che dovrebbe durare altri dieci anni in collaborazione con Activision Blizzard, che per farsi finalmente giocare ci ha portato negli studi della software house a mezz'ora di macchina da Seattle. Lì, abbiamo incontrato Pete e gli abbiamo chiesto di quell'intervista e ci ha risposto che probabilmente c'era un qualche embrione già allora ma che l'idea di Destiny si è formata nel corso degli anni dando vita al gioco che avrebbero voluto realizzare da sempre. Halo 2 arrivò nei negozi grazie a un gruppo di 55 persone che ci avevano lavorato 16 ore al giorno per mesi, mentre adesso in più di 500 lavorano negli uffici di Bungie programmando, scrivendo e giocando tutti i giorni in attesa del 9 settembre, data ufficiale di lancio per tutte le console Microsoft e Sony. Ci sarà anche una beta lungo il cammino, che permetterà di giocare quello che noi abbiamo già potuto provare e che siamo qui a raccontarvi.
Il Viaggiatore
Destiny nasce dalle rovine del Sistema Solare colonizzato dal genere umano durante quella che viene ricordata come l'Età dell'Oro. Un periodo meraviglioso e fantastico, iniziato col rinvenimento del Viaggiatore, una sfera gigantesca e misteriosa, in grado di trasmettere conoscenza e potere e di far progredire la nostra tecnologia in poche centinaia di anni a tal punto da permetterci di raggiungere i pianeti più lontani e di far sì che la morte divenisse solo un lontano ricordo.
Il Viaggiatore però, non era un frutto dimenticato di un sapere antico, ma un'ambita reliquia, perseguita da razze aliene assetate dallo stesso potere per il quale valeva la pena scatenare un conflitto totale in grado di distruggere quasi tutto quel che era stato costruito in centinaia di anni. Per salvare quel che restava del genere umano, il Viaggiatore si sacrifica, spegnendosi e portandosi dietro il grosso delle forze nemiche. Destiny inizia subito dopo con i Guardiani, la forza armata che aveva costruito la Cittadella, cuore del Sistema Solare, mentre cercano di riconquistare i pianeti più vicini, di sconfiggere gli invasori che si stanno a loro volta riorganizzando e di recuperare quanti più oggetti possibili abbandonati tra rovine e scafi d'astronave. Il nostro incontro con Destiny parte nella sala del cinema attorno a cui sono stati creati i nuovi uffici di Bungie. Qui abbiamo assistito a ben due demo, una sul kit di sviluppo di PlayStation 4 e che abbiamo poi potuto giocare pad alla mano, l'altra su PC con una build più recente del codice e molti più asset disponibili. Entrambe ci hanno lasciato a bocca aperta perché si vede subito che questo gioco ha un enorme lavoro alle spalle, prima di tutto in termini di creatività. Ogni singolo oggetto ed elemento dell'universo è stato creato, prima di diventare agglomerato di poligoni, con decine di provini disegnati a mano da alcuni dei più talentuosi artisti del mondo dell'intrattenimento, andando a formare un immaginario fantascientifico di decine di migliaia di artwork bellissimi che raccontano un mondo che rinasce vergine dalle rovine di una civiltà che quasi non esiste più, citando la fantascienza anni '70 e i capolavori a fumetti di artisti come Moebius e Masamune Shirow.
Le due demo ci hanno mostrato costruzioni abbandonate, fagocitate dalla vegetazione, coperte di ruggine secolare con i resti di corporazioni miliardarie che hanno lasciato tracce immense, in balia di alieni e Guardiani alla ricerca di oggetti e nuovo potere. Un mondo fatto di mappe vastissime, le più grandi mai disegnate da Bungie, piene di diramazioni e segreti, da esplorare a piedi o, per le distanze più impegnative, evocando delle motojet in tutto simili agli speeder visti ne Il Ritorno dello Jedi per una delle tantissime citazioni di cui è infarcito Destiny. Un mondo regolato dal ciclo giorno/notte con tramonti e albe che alternano luci accecanti a notti stellate, quando può piovere e persino nevicare, senza che però la neve si accumuli a meno che il design delle zone non lo abbia già previsto. Mappe caricate in streaming con i nomi che introducono le diverse zone mentre le si attraversa (ancora non ci è chiaro se questo significhi il potersi spostare a piedi attraverso tutte le diverse aree su un pianeta o se sarà necessario farlo tornando alla mappa generale) alternando interni di palazzi, tunnel sotterranei a canyon e radure con una varietà nei paesaggi che non ci ha permesso di capire quale sia il reale ordine di grandezza di ogni singola ambientazione, che immaginiamo possa cambiare da area ad area, ma che per adesso ci fa sperare di potersi perdere per decine d'ore.
Destiny - Il Trailer dedicato allo Sharing
I mondi di Destiny
Il cuore di Destiny è la torre della Cittadella, il luogo in cui ogni giocatore va prima e dopo ogni avventura per comprare e vendere armi, armature e oggetti necessari per potenziare il proprio armamentario e per incontrare gli altri giocatori, fare sfoggio del proprio equipaggiamento e godere dei panorami delle diverse ambientazioni. Le armi si distinguono tra primarie, speciali e pesanti, ognuna con le sue caratteristiche specifiche e utilizzabili dalle diverse classi di personaggi (ce ne sono tre). Ci sono anche le Esotiche, rilasciate dai boss più difficili da sconfiggere e che saranno quelle più ambite e che forniranno il tema di infinite discussioni sui forum che Bungie spera si popoleranno di indicazioni su come fare per ottenerle. Le armi e gli oggetti contraddistinti da un colore dominante hanno perk speciali e efficacia diversa legata ai diversi elementi naturali. Sono potenziabili spendendo del denaro e utilizzando gli oggetti che si raccolgono dai forzieri lungo le mappe o che si ricavano distruggendo l'armamentario di cui non si ha più bisogno.
Sono migliaia di possibilità che producono effetti differenti a seconda dei poteri che vengono abbinati e che è possibile scoprire solo accumulando ore su ore di gioco. L'idea del team è quella di far sì che ogni arma e oggetto abbiano una storia da raccontare, in modo che i giocatori esperti sappiano capire la forza e l'esperienza degli altri anche grazie alla rarità e alla complessità di quanto viene indossato. Girovagando fra i menu del personaggio, abbiamo poi scoperto che sia il moto-jet che l'astronave possono essere cambiati, avendo un menu d'inventario a loro dedicati, ma quando abbiamo chiesto se l'astronave fosse pilotabile per sessioni di volo spaziali, ci è stato detto che prima del prossimo E3 non si tornerà a parlare della cosa. La principale forma di interazione tra giocatori, per quanto ci è dato sapere, sono delle espressioni sociali affidate ai quattro tasti della croce digitale premendo ognuno dei quali il proprio personaggio si esprime con movenze del corpo che vanno dagli applausi alle danze, fino ai più utili gesti per chiamare l'attenzione di chi si incontra. Non sarà possibile, almeno al lancio, scambiare armi e oggetti con gli altri e questo, ci dicono, perché il team vuole essere sicuro che il delicato ecosistema (il loot progressivo è uno degli elementi fondanti del gameplay) sia a prova di cheat in modo che ci sia un fluire continuo di oggetti assolutamente legittimi. Il solo modo per trovare armi più potenti è quindi quello di giocare a più non posso esplorando i quattro pianeti sulla mappa (Terra, Luna, Marte e Venere) e le diverse missioni e ambientazioni che vi si sbloccano e in cui è possibile giocare seguendo l'evolversi della storia con la campagna, attivando missioni di esplorazione proprio per trovare nuovo loot o con le strike mission ("Assalto" nella versione italiana), serie di eventi scontro nelle diverse aree con mostri sempre più forti e obiettivi da realizzare fino a dei boss fight con cui ottenere armi uniche e preziose.
Una companion app, in uscita al lancio, consente di avere sott'occhio aree, missioni sbloccate e, soprattutto, l'attività dei propri amici con cui è possibile formare un team di tre giocatori e lanciarsi in ognuna delle attività possibili (ovviamente, nel pvp, il limite sarà ben più alto e in linea con quello dei più canonici shooter online) a caccia di potenziamenti per i propri avatar. Questi ultimi potranno essere impiegati in qualsiasi modalità a disposizione così che si sia invogliati a giocare sempre di più a prescindere dal tipo di attività prediletta e tra di loro sarà possibile trasferire l'equipaggiamento. Giocando la campagna, si apprende quanto accaduto nei mondi grazie a dei log audio disseminati sulla superficie e anche grazie al Ghost, una sorta di intelligenza artificiale che si può evocare in qualsiasi momento con un pulsante e che analizza la conformazione del fondale indicando la direzione da seguire per proseguire ed eventuali elementi di interesse (nella versione inglese, la voce del ghost è quella di Peter Dinklage, il Tyrion Lannister de Il Trono di Spade). L'evolversi della trama e il suo raccontarsi è un mistero assoluto, quel che invece abbiamo potuto provare è l'effetto che fa giocare a Destiny con un bel pad tra le mani.
La Tana dei Diavoli
Un'ora e mezza è stato il nostro tempo a disposizione con Destiny e con una delle Strike Mission, chiamata La Tana dei Diavoli, giocata tre volte fino a subito prima del combattimento col boss di fine livello e ogni volta usando una classe diversa tra Hunter, Warlock e Titan. L'idea di queste missioni è che abbiano nemici prestabiliti con un livello di difficoltà che non cambia seguendo quello dei partecipanti o del loro numero. Semplicemente, una volta sconfitto il boss di una Strike, se ne sbloccherà un'altra, sempre con quell'ambientazione con nemici e obiettivi più impegnativi e, ovviamente, armi ed equipaggiamento più preziosi da ottenere.
Una bella scommessa che avrà bisogno di un bilanciamento perfetto della difficoltà, visto che ogni missione può essere affrontata da soli o col gruppo di tre senza che cambi il divertimento. Bungie, tra l'altro, non vuole che si scatenino corse a rotta di collo per accaparrarsi oggetti, soldi e munizioni (preziosissime visto che si rischia molto facilmente di restarne privi) e ha predisposto un sistema di loot personalizzato e tarato sulla classe utilizzata in quel momento, in modo che ogni giocatore possa raccogliere item che solo lui può vedere e utilizzare. La mappa era ambientata sulla Terra e la missione introdotta da una voce narrante che spiegava il motivo della stessa mentre le tre astronavi dei membri del team volavano verso la superficie. Tutte le zone sono a libero accesso: ognuno dei giocatori può allontanarsi dove vuole, indipendentemente dagli altri, ricordando però che non c'è un modo per ricongiungersi ai compagni con un fast travel. Quando si muore, chiunque può andare sul corpo del compagno per resuscitarlo entro un certo periodo di tempo e quando tutti e tre i membri soccombono si riprende dall'evento al quale si era giunti lungo la missione. E gli eventi sono i più diversi possibili: vanno dal dover attivare dei terminali mentre ondate di alieni arrivano sempre più copiose, alla semplice esplorazione dei fondali per capire dove proseguire per raccogliere certi oggetti e finalmente giungere all'enorme boss che chiude il livello, magari passando per un nemico intermedio che, nel nostro caso, era un tank aracnoforme spuntato già in un paio di filmati.
Giocare a Destiny è come tornare in un bel posto in cui si è già stati, se si sono passate diverse ore con Halo, ma con una marea di possibilità in più sia per l'ampiezza delle mappe che per l'enorme sistema evolutivo creato attorno all'equipaggiamento e ai personaggi. La personalizzazione passa per le statistiche legate alle abilità, all'equipaggiamento e alla classe che ha poteri speciali diversi a seconda del Focus equipaggiato, ovvero dello stile di combattimento-magia di cui si è entrati in possesso e si è scelto di utilizzare. Questo sale di livello esattamente come il personaggio e crescendo si specializza sbloccando perk, abilità e poteri. Ogni classe ne può equipaggiare tre affidandone l'esecuzione ai due dorsali del pad (R1 o L1 per intenderci), mentre quella speciale si attiva premendoli entrambi. Tre icone sulla parte bassa a sinistra dello schermo indicano quando è possibile eseguire le mosse trascorso un cooldown per ognuna delle tre, mentre tutto il resto delle meccaniche sono quelle abituali di un FPS con tre armi da poter alternare al volo, delle nove per tipo che si possono portare con sé, il salto, la possibilità di accucciarsi e le mosse corpo a corpo. Le abilità vanno dal lanciare bombe energetiche adesive per il Warlock (le granate non sembrano quindi essere armi vere e proprie), un pugno devastante per il Titan o dei coltelli mortali per l'Hunter, fortissimo anche col fucile da cecchino. Le speciali consentono al Warlock di curare i compagni in una bolla energetica o all'Hunter di attivare un'aura dorata che aumenta di molto la potenza di ogni singolo colpo sparato, ma tutte queste possono cambiare scegliendo un Focus diverso.
La visuale è sempre in soggettiva tranne quando si guidano le motojet o quando si eseguono le mosse speciali, così da poter appieno dei bellissimi modelli delle armature indossate. La giocabilità è quella certosina di Bungie che ti fa sentire padrone di ogni salto, di ogni colpo sparato e che consente di leggere i fondali per trovare tattiche di approccio e di assalto, modi per evitare gli attacchi o per recuperare l'energia vitale del proprio soldato che si consuma dopo che anche quella dello scudo se n'è andata. Entrambe, comunque, si ricaricano rimanendo lontani dalla battaglia o trovando riparo. L'esaltazione che si prova nel riuscire a eliminare un avversario prima dei compagni di squadra è quella che chi ha giocato le campagne in cooperative di Halo ben conosce e che porta a restare sempre sul chi va là e ad anticipare mosse e comportamenti degli altri. L'intelligenza artificiale dei nemici fa il resto, anche se qui ci è parsa un po' titubante in un paio di occasioni, ma ci sarà tempo per valutarla più a fondo soprattutto in relazione a mappe così varie nella loro conformazione. Lo stesso si può dire per la diversificazione tra le varie classi la cui analisi avrà bisogno di ore di gioco, alla luce del complesso sistema di skill messo in piedi per Destiny.
Incontri pubblici
Una delle caratteristiche più affascinanti di Destiny è la presenza delle cosiddette Public Bubble lungo le mappe di gioco, delle aree in cui il complesso sistema di matchmaking consente di incontrare altri giocatori dello stesso livello. Sta al giocatore decidere se lasciare il proprio mondo aperto agli altri, e sempre lui e il suo gruppo saranno liberi di decidere cosa fare quando si incontra qualcuno che magari sta combattendo con un boss o un'ondata di nemici. Bungie vuole bilanciare perfettamente il gameplay di queste aree e degli eventi che si potranno affrontare, siano essi dei veri e propri dungeon, quanto piuttosto dei boss fight, decidendo il numero dei giocatori che vi si possono incontrare, numero che, per adesso, va da un minimo di due fino a un massimo di nove.
Per essere chiari, posto un gruppo completo di tre giocatori che inizia una missione insieme, in una delle bolle se ne potranno incontrare altri sei, divisi in gruppi di tre anche loro, o magari sei giocatori singoli. Il totale resta però sempre nove, almeno a questo stadio di sviluppo. Immaginate quindi di essere in un canyon al tramonto, svoltare un angolo e vedere i segni di una battaglia con esplosioni e spari e poter decidere se tirare dritto, se stare a guardare quel che accade nell'evento scatenato da qualcun altro o se dare una mano, posto che ogni partecipante prende comunque il quantitativo d'esperienza prevista per quello scontro. L'unico problema ci pare essere quello della comunicazione in questi eventi, visto che è possibile parlare solo coi membri del proprio team, ma non con gli altri che si incontrano, singoli o gruppi che siano. Pete Parsons, con cui abbiamo giocato la nostra strike mission, ci ha detto che la trasmissione dei dati vocali è un problema per la struttura stessa di Xbox Live e PlayStation Network. Probabilmente è tutto legato al fatto che Destiny gira anche su 360 e PS3 e l'unico modo per parlare con più di tre giocatori (modalità pvp multiplayer escluse, ovviamente) è quello di ricorrere alle chat di gruppo di Xbox e PlayStation 4, per le quali bisogna però che i giocatori siano nelle proprie liste amici. Per tutto il resto, dal punto di vista artistico e tecnico, Destiny è una meraviglia, ricco di effetti di luce che filtrano tra strutture ed alberi, che riflettono sull'acqua e che creano scenari tra i più suggestivi mai visti.
L'HDR regola la differente luminosità degli ambienti quando si passa dagli spazi aperti a quelli chiusi e le luci che si proiettano da torce e lampioni creano ombre molto morbide su qualsiasi elemento presente sullo schermo. Sono belle anche le animazioni degli equipaggiamenti, dei nemici e dei personaggi, esaltate da mosse speciali e colpi corpo a corpo con uno studio iniziato partendo da Halo 3 e proseguito per Reach. Ancora non sappiamo quanto si siano spinti in là i designer con la creazione di locazioni e, soprattutto, creature aliene, ma il mix di ammassi biologici e tecnologici fin qui visto pare studiato fin nei minimi dettagli. Il nostro viaggio con Destiny è iniziato nel migliore dei modi, facendoci respirare quello che sembra avere tutti i crismi di un progetto da attendere con entusiasmo. In Bungie sono convinti di riuscire a lasciare un segno come già altre volte gli è riuscito in passato e da quel che abbiamo visto, sembra proprio che ci riusciranno.
Destiny - Videoanteprima