Giocare o apprendere?

Da Rossellagrenci

 

dalla IV di copertina di Clio si diverte. Il gioco come apprendimento.

Il gioco è il gioco. L’apprendimento è l’apprendimento. Bisogna tenere ben distinti i due ambiti e possibilmente separati. Al massimo qualche intersezione è consentita solo quando il gioco può essere funzionale all’apprendimento.

Al limite al gioco è riconosciuto lo status di strumento.

Ma che il gioco sia apprendimento è proprio un’eresia che non ha cittadinanza nella cultura prima ancora che nella didattica.

Bene.

Questo libro è dedicato agli eretici convinti che i contesti complessi possano essere appresi solo attraverso l’esperienza ludica. Anche nella scuola.

La storia e le culture della geografia, la matematica e la fisica possono trasformarsi in una intelligente, regolata pratica ludica.

Basta sfogliare queste pagine per trovare stimoli imprevedibili e proposte praticabili.

Certo non è facile nella scuola. Perché la scuola ha molti trucchi che falsificano il valore della sua efficacia. Ad esempio non si può dire “adesso gioca che poi ti valuto”. Ma imparare può anche essere appassionante e il gioco è sempre coinvolgente; dunque il suo contrario non è il lavoro ma l’infelicità. Gioco e apprendimento non si escludono ma possono vicendevolmente arricchirsi e vivificarsi. Poiché, come afferma George Bernard Shaw, “noi non smettiamo di giocare perché diventiamo grandi; noi diventiamo grandi perché smettiamo di giocare”.