Cosa accade quando uno dei due agenti impone all’interno di una relazione stabile, cioè duratura, un atto di forza unilaterale? La relazione diventa immediatamente conflittuale: ogni atto di forza compiuto al suo interno viene percepito come una “diminuzione” o una “sottrazione” del proprio Sé. Immaginiamoci, a titolo esemplificativo, una situazione del genere: qualcuno prende qualcosa a qualcun altro senza domandarne il permesso. Definisco questo atto come una prova di forza: chi sottrae qualcosa a qualcuno senza neanche premurarsi di avvertire l’altro, anche se era nella condizione di farlo, compie un atto di forza, cioè una prevaricazione. Il significato dell’atto non bisogna individuarlo nell’oggetto sottratto, ma nel comportamento. Agire come nel caso riportato vuol dire agire come se l’altro non contasse all’interno della relazione. La reazione di chi subisce la prevaricazione può essere di accettazione dell’atto o b) di resistenza. L’accettazione comporta la sottomissione dell’altro, del tipo far finta che non sia successo niente oppure protestare, ma in modo blando e debole; invece la resistenza comporta una reazione vigorosa e quindi apre una situazione di conflitto. Chi compie un atto di forza ha già preventivato la situazione conflittuale, pertanto egli è già preparato a sostenerla, nel caso in cui l’altro non ceda. Allo stesso modo, anche chi ha subito l’azione prevaricatrice sa che se non vuole cedere all’imposizione, sottomettendosi, deve prepararsi alla situazione conflittuale, che può sfociare o in una tregua momentanea oppure in una escalation fino al punto di arrivare alla minaccia di rompere i rapporti, cioè a una posizione di aut/aut, che si ha quando uno dei due agenti arriva a questa minaccia: «Se per te è più importante l’oggetto in questione, allora tienitelo ma perdi me», allora si la relazione . In questa minaccia è implicito un ricatto – «o cedi o mi perdi». Chi sta mettendo in atto questa minaccia sta affermando il proprio Sé su quello altrui. Attraverso la minaccia della rottura (cioè la sua “morte simbolica” della relazione), si sta comunicando all’altro il messaggio: «Posso fare a meno di te, perché tu per me non conti nulla». Posto di fronte alla posizione di aut/aut, adesso occorre vedere chi dei due è disposto a cedere: chi cede riconosce che non può fare a meno dell’altro e quindi deve accettare il punto di vista dell’altro, sottomettendosi. Questa è la posizione di scontro finale, perché a questo punto o si arriva alla rottura della relazione o si riconosce che non si può fare a meno dell’altro. Chi cede riconosce il punto di vista dell’altro, basato sul disconoscimento del proprio sé. Quindi chi si sottomette accetta il proprio disconoscimento, e di conseguenza si pone nella posizione subordinata.